2013/08/22: La casa della proposta di Cristo e' il cuore dell'uomo di Cristo

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


Papa Francesco non finisce più di stupirci con la sua immediatezza, con la sua capacità di arrivare attraverso le sue parole, ma soprattutto con i suoi gesti, al cuore della gente.
Credenti e non credenti si domandano ogni giorno quali ulteriori passi in avanti il Papa riuscirà a porre in essere per dare entusiasmo, fiducia e speranza nella vita: è un cuore che parla ai cuori!
La riprova l’abbiamo trovata nell’esperienza della GMG che è stata veramente un solco profondo nel quale si è vissuto la bontà di Gesù, la sua immensa misericordia che tutto abbraccia e tutto copre.
A mons. Menichelli abbiamo posto alcune domande sulla sua esperienza in Brasile e sulle prospettive che si aprono per la Chiesa:
1) A pochi giorni dalla sua partenza ci diceva di essere un po’ stanco; certamente è stato un viaggio faticoso, ma è stata soprattutto una pagina meravigliosa che penso abbia lenito la stanchezza del corpo…
Ha lenito la stanchezza dello spirito, perché la stanchezza del corpo è cresciuta.
Le giornate della GMG sono impegnative sia sul fronte del tempo che in rapporto alle distanze che occorre coprire da un posto all’altro e anche per la partecipazione agli eventi comunitari.
La GMG ha rappresentato una forte ricarica spirituale.
2) Lei ha partecipato a varie GMG.  Che cosa lo ha colpito di questa e quale momento esaltante ricorda con maggiore partecipazione.
Ne ho vissute molte e ognuna di queste ha una sua tipicità; in questa celebrata a Rio, personalmente sono stato toccato dal senso gioioso dei giovani sudamericani che erano la maggioranza, una partecipazione che esprimeva un senso ecclesiale forte.
Si è creato e rinvigorito anche un rapporto pieno di cordialità con i vescovi; non c’era giovane che non vedesse nel vescovo il segno dell’unità della Chiesa.
Credo che questo, almeno per me, sia stata la novità, per la prima volta ho visto come i giovani sentissero fortemente il senso ecclesiale.
3) Papa Francesco sembra parlare con tutti i suoi cinque sensi; nei suoi atteggiamenti veramente c’è un trasporto “viscerale” che nasce dal voler abbracciare tutti e testimoniare che Cristo non abbandona e vuole tutti a sé.
Indubbiamente è sotto gli occhi di tutti la modalità con cui Papa Francesco si affaccia all’incontro con le persone e come lo stesso Pontefice le incontra; la sua non solo è una gestualità formale suggerita dal momento che vive, ma è proprio l’espressione di una vicinanza, di una paternità.
Nella GMG molti di noi, compreso me, si sono meravigliati come il Santo Padre per cinque chilometri abbia riempito quel tempo con una gestualità mai riposata e tutto questo ha creato un rapporto molto intenso.
Ringraziamo Dio di un Papa che parla non solo con il linguaggio della parola, ma anche con il linguaggio del corpo.
4) A Rio con le sue catechesi ai giovani ha sottolineato l’urgenza di verbi di moto del Vangelo che esprimono un’azione, una presa di solidarietà e di coscienza; da parte dei giovani c’è stata qualche reazione particolare, qualche promessa per il dopo-GMG?
Ho tenuto tre catechesi ed ogni volta erano presenti circa 400 ragazzi; ci sono stati giovani delle Marche e di altre diocesi italiane.
Per la verità prima dei verbi di moto, dei quali parlo spesso, ho sintetizzato la catechesi in un’espressione che è questa: il tema della GMG “Andate e fate discepoli tutti i popoli”.
Ho cercato di coinvolgere i giovani in questa riflessione che per fare i discepoli occorre prima essere discepoli.
In questo contesto una verifica della propria fede, del proprio rapporto con Gesù Cristo è una verifica sulla testimonianza da offrire.
Ci sono state delle domande di reazione.
La promessa…più che promesse credo ci sia stata una consapevolezza e mi auguro e prego perché questa cresca; dobbiamo riuscire tutti ad abbandonare uno stile di conservazione della fede per assumere il compito della missionarietà.
Questo era nella trama della proposta della GMG e quindi anche delle catechesi e dei discorsi del Santo Padre; preghiamo che tutto ciò non solo sia stato seminato, ma che il tutto prenda vigore.
5) Sentendo giovani e adulti c’è anche chi dice che le GMG sono belle parentesi, ma che la vita è tutta un’altra cosa.
Può succedere a tutti di dire le cose senza pensarci e in questo caso quelle che lei dice ”si dice” può essere inserito in questo non sufficiente pensiero.
Certo il tranello c’è, ma non solo nelle GMG ma in tutto; il compito fondamentale è tener desto questo impegno, far diventare ordinario ciò che abbiamo sempre chiamato straordinario.
L’idea iniziale delle GMG, pensata dal beato Giovanni Paolo II, era proprio questa:
un giovane che prende consapevolezza di essere parte viva della Chiesa.
Evidenzio due aspetti positivi: 1° nonostante che si siano celebrate molte GMG c’è sempre una partecipazione numerosa con un ricambio di persone.
2° la GMG si cala dentro una cultura che in questi anni è mutata, il cosiddetto pensiero giovane è mutato, ma la capacità della Chiesa di riuscire a riproporre con intensità il mistero di Cristo e sollecitare i giovani a parteciparvi, tutto questo mi pare che sia molto positivo. Questa è la fatica da fare.
6) In una precedente intervista lei ha sottolineato l’importanza dell’accompagnamento dei giovani nel dopo-GMG per non disperdere ciò che hanno vissuto.
E’ importante che la Chiesa, responsabile dell’annuncio, sia attenta soprattutto a ciò che emerge tra loro.
Sicuramente. La Chiesa è madre ed ha quindi il compito della maternità che si sostanzia nello stile dell’accompagnamento, nello stare vicino, nel far percepire che la maternità la si sente e la si testimonia.
Anche qui ci vuole una mutazione di mentalità in quanto non possiamo ripetere i gesti di sempre; possiamo avere una tentazione che quello che è immutabile l’abbiamo fatto diventare mutabile e viceversa.
Per far piacere ai giovani non dobbiamo cambiare liturgie, per fare ciò occorre mutare i linguaggi e questo è importante.
7) Il Papa ha invitato ad andare nelle periferie esistenziali, quelle del proprio “ego”; qui Papa Francesco è ancora profeta, perché ancora una volta rinuncia ai propri privilegi, non resta nel proprio “comodo” ma sta veramente nelle periferie.
Credo che qui sta una grande conversione da operare.
Se noi riprendiamo le parole del Vangelo, poco ricordate, naturalmente parlo per me stesso, e poco vissute, quando Gesù dice: “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” non è perché ci ha dato uno stile di penitenza assoluto per cui non dormiva la notte, non aveva il riposo di amore, quello che poi S. Paolo chiamerà: “L’amore di Cristo ci spinge”.
Papa Francesco fa questo, la periferia non è solo un luogo geografico, ma il luogo spirituale di una massa indistinta in cui oggi si vive.
Lo stile del Papa bisognerebbe che fosse assunto da tutti, con molta serenità.
Qualche giorno fa pensavo che molto spesso la Chiesa ha tentato di parlare giustamente agli uomini della cultura, ed è bene che lo continui a fare, però gli uomini della cultura spesso o hanno interpretato o hanno eliminato e contemporaneamente spesso noi abbiamo smesso di parlare al popolo, anche se il popolo è l’unico che capisce le parole semplici del Vangelo.
8) Il Papa insiste in ogni occasione pubblica e in ogni incontro personale di pregare per lui ed aggiunge “perché ne ha molto bisogno”.
Veramente non si risparmia e non si risparmierà pur di essere coerente con il Vangelo per dare un volto nuovo alla Chiesa cattolica.
Sì questo della preghiera è fondamentale; nella Chiesa ognuno di noi ha un carisma e il carisma dell’essere padre, pastore, maestro è impegnativo perché deve servire la Verità e testimoniarla con fedeltà, coraggio senza compromessi.
Tutto questo passa per la debolezza che è organica nella nostra vita, la debolezza spirituale; anche il Papa, i vescovi, i sacerdoti, gli sposi debbono essere consapevoli della debolezza e chiedere l’aiuto della preghiera del popolo.
Credo che sia un grande atto di carità che la gente deve fare rispetto a coloro che hanno dei compiti di responsabilità più ampia.
9) La GMG brasiliana ci ha posto davanti una Chiesa viva, aperta, senza tanti fronzoli, semplice, spontanea.
A confronto la Chiesa europea dimostra di arrancare: è come un’immagine che si muove al rallentatore. Sarà questa GMG l’immagine del futuro?
Di fronte a questa domanda rispondo con una frase ad effetto: “La casa della proposta di Cristo è il cuore dell’uomo” e Gesù ha presentato l’immagine di chi bussa ed entra dove gli si viene aperto.
Il cristianesimo cerca casa; ci sono delle case sbarrate e delle case aperte, c’è un’umanità fiduciosa e un’altra retriva, invecchiata.
L’Europa offre di sé un’immagine di casa chiusa, insensibile, pensosa solo di ciò che riguarda una sussistenza materiale.
Questo è il grande peccato dell’Europa che pensa solo all’economia, invece dovrebbe risuscitare la spiritualità, la cultura, l’appartenenza, la fraternità.
Forse questa GMG, che ci ha portato in un continente più povero, può aprire spazi di speranza.
10) La Via Crucis è un appuntamento oramai fisso della GMG per metabolizzare che la croce è un paradigma.
Come pensa che i giovani possano non solo incontrare ma abbracciare la croce?
Qui il compito della Chiesa è grande, occorre far capire che la croce non è una condanna, ma è una salvezza.
Al di là di tutte le metafore spirituali che possiamo metterci dentro, sulla croce va inchiodato tutto ciò che inganna l’uomo, soprattutto quegli inganni che riguardano il mondo giovanile che è un mondo più aperto, libero e sognativo.
Il problema è far capire ai giovani che la croce c’è, e la sperimentano anche loro, e  che su quelle croci devono costruire l’identità.
Non è facile, ma questo è il metodo e non possiamo cambiarlo, non può esistere una fede senza croce.
Un mio vescovo mi diceva: “Non esiste la domenica senza venerdì”, invece oggi abbiamo separato venerdì e domenica pensando che fosse solo domenica.
11) Abbiamo ancora negli occhi la partecipazione dei vescovi alla danza scatenata sul palco dai giovani, anche lei era del gruppo?  Quali reazioni vi siete scambiate?
Noi vescovi italiani siamo arrivati quasi tutti verso la fine, perché le scadenze a questi appuntamenti collettivi erano piuttosto vicine; non è la prima volta che succede questo, in Brasile certamente la musica è più trainante, però è stata una cosa molto bella.
Noi dobbiamo farci conoscere come persone normali; anche i vescovi non sono degli “ingessati” e, se ti capita di stare con la gente e di “ballare” fallo pure, purchè il tuo cuore sia libero, pulito, generoso e testimoniale.
I giovani hanno apprezzato quanto diversi vescovi hanno fatto.
12) Tornando a noi il 25 settembre la diocesi andrà in visita dal Papa per essergli vicino e testimoniargli l’amore della Chiesa di Ancona e Osimo con un grazie immenso per essere, Vicario di Cristo, cuore giovane della Chiesa.  
Come preparare al meglio individualmente e comunitariamente un appuntamento così importante?
Innanzitutto occorre partecipare; so che c’è in giro un fervore di partecipazione e questo mi fa piacere.
Il pellegrinaggio capita nell’anno della fede, quindi diventa un’occasione per andare sulla tomba dell’apostolo Pietro a rinnovare la fede in Cristo e in colui che ne è il vicario.
Uniremo insieme l’atto di fede in Cristo, nella Trinità e nella Chiesa che è nata dalla morte e resurrezione di Cristo e dalla forza dello Spirito.
E’ un’occasione per dire grazie al Papa, in quanto tale, anche perché prima di questa data non è stato possibile che la diocesi andasse a Roma per ringraziare il Papa dopo il Congresso Eucaristico.
Mettiamo insieme tutti questi elementi che custodiamo nel cuore e li offriamo a Papa Francesco perché ci benedica e ci sostenga nel cammino di fedeltà e di comunione.
Riccardo Vianelli