2015/11/01: Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo nell'altra in Paradiso

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


Festa di tutti i Santi
(Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3;Mt 5,1-12a)
CHIESA S. MARIA DI LORETO – ANCONA
Vogliamo dare senso a due significati che in questi giorni la Chiesa ci invita ad avere davanti: significati di preghiera, di vita, di fede; abbiamo davanti il mistero di grazia della santità, oggi è festa di tutti i santi, e il mistero della morte e dell’incontro con Dio.
Sono temi molto delicati e importanti, temi che nell’arco della nostra intera vita dovremmo sempre custodire e che dovrebbero dare senso alla vita di ognuno di noi.
Mi permetto di affidarvi questa riflessione con la quale intendo aiutare me e voi a vivere bene questa celebrazione mettendo lo sguardo su che cosa celebriamo adesso, ecco la santità con la celebrazione della S. Messa di tutti i Santi, e mettendo davanti a noi l’intenzione di preghiera che durante questa S. Messa portiamo nel cuore: lo sguardo sui nostri defunti.
La santità da costruire e l’incontro con il Padre della Misericordia.
Per questo mi sorgono due domande che hanno lo stesso significato.
La prima: che cosa devo fare per essere santo?
La seconda: che cosa devo fare per incontrare serenamente Dio?
Vorrei che insieme comprendessimo che queste due domande debbono stare nel nostro pensiero.
Per rispondere a questi due interrogativi mi servo di una risposta, che molti di voi qui presenti sanno, che era formulata ad una precisa domanda del Catechismo di S. Pio X.
“Per quale fine Dio ci ha creato?” la risposta è molto semplice: “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in Paradiso.”
Che cos’è questa risposta se non la risposta a quella prima domanda che ci siamo fatti poc’anzi.
La seconda come presenterò davanti al Padre Dio di misericordia; qual è la strada perché io possa vivere questi momenti e questi compiti con serenità?
La risposta la troviamo in quelle parole che poco fa abbiamo ricordato e ripetuto dal Catechismo di S. Pio X.
Dio ci ha creato.
Questo è il primo punto da mettere avanti, perché se togliamo Dio dal senso delle nostra vita non ci porremmo mai domande sulla ricerca della santità, né tanto meno domande per incontrarLo; se pensiamo di essere dei…padre eterni non abbiamo bisogno del Padre eterno lo siamo già noi…
Se siamo questo e pensiamo in questo modo, nella nostra vita non ci porremmo mai domande significative, tutto ciò non ci rende persone complete, ma ci fa pensare solamente a qualcosa che è nostro.
Credo che la prima strada di vera santità sia propria questa: pensare che tutti siamo posti da Dio nella vita e che tutti siamo messi nelle sue mani infinite. Dio ci ha creato.
Sottolineo questo, perché viviamo, carissimi, in un tempo  di grande disordine sul senso della vita.  La nostra è una società nella quale, Dio avrà tutta la sua compassione per questo, non si è più certi di nulla: spesso non si conoscono i padri, non si sa chi è il genitore, il figlio è il frutto di una tecnologia piuttosto che di un amore tra due persone che si donano.
Viviamo in un tempo nel quale c’è questa confusione totale, per questo si pensa che la vita sia sganciata dall’amore fra un uomo e una donna, la vita è fabbricata dall’uomo senza averne titolo e senza essere capace di produrre il senso della vita, “giocando” su quello che già c’è insito nella nostra persona.
C’è il seme maschile e c’è l’ovulo femminile, all’interno di questa realtà un dono di una sinfonia d’amore tra un uomo e una donna, Dio dà la vita; è ovvio che se fin dall’inizio dico la vita è mia e faccio quello che mi pare certamente non penserò mai di mettermi nelle sue mani e nemmeno di ringraziarLo.
Carissimi, la santità è costruita nella nostra dimensione terrena, nella nostra quotidianità, dentro il nostro essere nelle mani di Dio.
Questo giorno nel quale preghiamo per i Santi e per i defunti, vorrei che celebrassimo, prima di tutto, la grandezza della vita perché essa è “luogo”, umano e spirituale, dove si cammina nella santità, si costruisce la santità, il luogo dove allo stesso tempo dobbiamo affrontare la povertà della vita stessa, perché essa è finita.
ConoscerLo
Come si fa ad amare uno che non si conosce?
Solo se conosci fai esistere, perché solo nel conoscere passa un filamento di tenerezza, di grandezza, di rispetto, di obbedienza, di collaborazione, di adorazione, allora il primo elemento del nostro essere dentro il cammino di santità, per poter vedere Dio con serenità è quello di conoscerLo.
Come lo trattiamo Dio? Lo vediamo quotidianamente dentro la nostra vita?
Dio si è fatto conoscere, Gesù ci ha svelato Dio, un Dio misericordioso, buono, provvidente, infatti Gesù nel Vangelo dice: «Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?»(Mt -6,28-30)
Noi abbiamo la grazia di stare in un atto di fede dentro il quale c’è questa verità rivelata: Dio si è fatto conoscere.
Agli apostoli Gesù ancora dice: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9), conosceremo Dio attraverso la conoscenza di Gesù Cristo.
Per questo occorre riprendere in casa la lettura della Parola di Dio, sono sufficienti pochi minuti leggerla insieme ai figli, ai vostri nipoti, conosceremo lì Dio, sapremo lì chi è Dio, perché se non lo conosciamo non lo possiamo amare, nessuno di noi ama qualcuno che non conosce. Questo è fondamentale!
AmarLo
Come fai ad amare Dio se non lo vedi, l’avete mai visto Dio? C’è una frase nel Vangelo che è, al tempo stesso, forte e terribile: « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.» (Mt. 25,40)
Il nostro Dio si ama nei suoi figli e figli di Dio lo siamo tutti e se lo siamo tra noi siamo tutti fratelli, allora questo amare Dio è una strada maestra, la sola strada.
Oggi noi viviamo invece una storia fatta di rabbia, di esasperato accanimento, abbiamo ogni giorno un nemico da portare in tribunale…; avanti a noi si aprirà l’anno della Misericordia, cominciamo ad aprire il cuore alla Misericordia: Misericordia d’accogliere e Misericordia da dare!
Papa Francesco nei giorni scorsi parafrasando l’idea di tirare le pietre, ricordando il Vescovo mons. Romero, ha riferito come molti suoi fratelli, sacerdoti e vescovi, anche dopo la sua morte lo hanno trattato male perché affermavano che era comunista, il Papa ha sottolineato: “Le pietre più dure sono le parole”, recuperiamo questa nostra storia dentro la quale c’è la santità che dobbiamo perseguire!
ServirLo.
Per fare ciò ci sono tanti campi, ne dico soltanto due.
Il primo: ricominciamo a servire Dio nella Chiesa, servire Dio significa riconoscere la sua signoria e adorarLo; facciamo come Marta che lo accolse e si mise a servirLo.
Il decoro della Chiesa è servizio a Dio, questo occorre che lo recuperiamo come un’adorazione perenne della sua divinità, della sua grandezza, della sua onnipotenza, non si può trattare Dio in modo sciatto.
Il secondo: servirLo nei poveri, Papa Francesco ha detto l’altro giorno una cosa che non è da Papa, né da Vescovo: Non si può licenziare una donna che è incinta, perché è incinta non l’assumono oppure la licenziano ma che sguardo della società viviamo!?
Queste cose fanno parte della saggezza che appartiene all’umano.
La categoria dei poveri si è molto ampliata, e tutti noi dobbiamo servire Dio attraverso l’aiuto a chi è nel bisogno materiale e spirituale.
GoderLo in Paradiso
Due persone che si amano cantano, si abbracciano, sono lieti di essersi riviste, e quando si va di là noi andiamo a cantare e questo lo dobbiamo credere adesso, non solo dopo, perché se lo crediamo adesso, allora l’incontro è eterno.
Il volto di Dio è un volto misericordioso, i santi cantano, perché il canto è adorare l’amore, è stare dentro all’amore; la bellezza della vita  è nell’amore che è canto e invece siamo diventati tutti un po’ stonati, impariamo a cantare il clima dell’amore.
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore).