2015/05/04: Solo se lo Spirito di Dio abita in noi possiamo ridestare la nostra sonnolente coscienza

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


V SETTIMANA DI PASQUA
Festa di S. Ciriaco Patrono di Ancona
(Ap. 12, 10 – 12a; Salm. 125; 1Pt. 4, 12 – 19; Lc 9, 23 – 26)
CATTEDRALE DI SAN CIRIACO – ANCONA
Carissimi, attratti dalla santità del nostro patrono, siamo saliti su questo colle per pregare Dio, per chiedere, sono certo, con l’intercessione di S. Ciriaco, il dono della sua grazia e il dono della sua pace.
Questo tempio dedicato al nostro santo è uno splendore di bellezza austera, è un simbolico anello che unisce mare, terra e cielo, ma è anche un simbolico anello che unisce la storia di ieri e quella di oggi.
Questo tempio è il centro della vita spirituale e civile della città dorica, ancora di più questo tempio è casa di Dio aperta ai suoi figli ed è un riassunto di una storia antica della quale la figura del nostro patrono ha sempre rappresentato il punto di coagulo di una convivenza civile e serena e di una radicata tradizione cristiana.
E’ proprio la tradizione che ci consegna, di generazione in generazione, da una storia all’altra, una fede popolare e ben radicata.
E’ una tradizione che continua a dirci la provenienza di questo nostro santo: è l’oriente, culla del cristianesimo, è lo stesso oriente che oggi è culla di tribolazioni e di sofferenze create dall’uomo.
La tradizione ci aiuta ancora a tenere presente che anche la nostra fede viene dall’oriente, questa tradizione ci racconta anche del suo martirio per la fedeltà a Cristo.
I martìri sono sempre violenti anche quello del nostro santo fu terribile, anche la scienza alla quale è stato sottoposto il suo corpo, i suoi resti mortali, ci ha detto che tra le sofferenze del martirio ha dovuto bere il piombo fuso.
Secondo un’antica tradizione Ciriaco avrebbe fornito a Sant’Elena madre dell’imperatore Costantino le indicazioni per il ritrovamento della croce di Cristo nel fondo di una cisterna e di quì, secondo un antico storico, il suo nome Ciriaco deriverebbe dalle parole latine “quaerenda crux” cioè “ricerca della croce”.
Ora carissimi da secoli Ancona custodisce questa memoria e si affida a questo santo ed è chiamata anche oggi a rinnovare questo legame, questo amore, ma questa stessa comunità è anche chiamata a radunarsi attorno a questa santa memoria per chiedersi quale debba essere in questo presente il rapporto con il suo santo.
Infatti dobbiamo essere tutti convinti che il santo non è solo colui che protegge è anche colui che educa; c’è un luogo simbolico nella Cattedrale che è appunto la cattedra, ieri cattedra di Ciriaco oggi, per  volere della Chiesa e di quello misterioso di Dio, mia cattedra.
Sedendo oggi in quella sua cattedra, nella continuità di fedeltà al ministero del Padre, vorrei dare voce a lui, quasi condotto dal suo esempio e anche dal suo esempio di martire e mosso anche io dalla forza della Parola di Dio.
Mi domando allora che cosa S. Ciriaco dica a me Vescovo e a voi che siete saliti fin qui.
Prendo lo spunto dalla Parola di Dio, su di essa è cresciuta la fede in Ciriaco, ed è nata la fedeltà che prende luce, forza e splendore il suo martirio.
Questa Parola di Dio è, per questo tempo, piena di messaggi.
Il primo messaggio. – La Parola di Dio ci dice: “Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero ma si perde rovinando se stesso?”
A questo riguardo S. Ciriaco cosa ci puo’dire? Quale parola esce dalla sua cattedra?
S. Ciriaco ci dice così:
Carissimi, voi conoscete i mali del vostro tempo, anzi li riconoscete, ne parlate spesso, i vostri mali sono divenuti tribune televisive, angosce pubbliche, tormento di generazioni, se conoscete e riconoscete i vostri mali, liberatevi dai vostri mali, dai mali di questo tempo.
Tempo che vi ha abituato a fare analisi sociologiche, storiche, economiche, raffinatissime, ma questo tempo è anche il tempo che vi ha impantanato, togliendovi la forza della speranza.
Carissimi, siete caduti nella compiacenza dei vostri mali, li avete studiati ma non li evitate.
State ricercando gli orientamenti e le scelte che pensate possano collocarvi o darvi l’onnipotenza, in realtà queste diagnosi e proposte vi allontanano da Dio, da voi stessi e dalla comunità dei fratelli.
Voi pensate di essere i padroni del mondo e del creato, in realtà avete perso la sapienza della fragilità, l’onnipotenza vi sta tradendo, l’onnipotenza della scienza, della tecnica, questa onnipotenza ha impoverito l’anima.
Dovete ricordarvi, ci dice S. Ciriaco, che la fragilità vi appartiene che vi colloca tra l’amore di Dio che vi dà la vita e l’amore di Dio che vi aspetta.
Con l’antica superbia che ha rovinato la bellezza e l’armonia dell’essere figli di Dio, siete entrati in un territorio che non vi appartiene, una sorta di onnipotenza che in realtà ha disancorato e squilibrato tutta la vita e ci fa vivere stagioni non fruttuose per la nostra umanità.
S. Ciriaco dice a me e, attraverso di me, a voi: occorre tornare alla sapienza e alla verità di Dio.
Il secondo messaggio. – “Chi vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà.” così ci dice Cristo Signore.
Se avete ascoltato bene il Vangelo, l’evangelista Luca annota: “Gesù diceva a tutti.” Badate bene non lo diceva ai cattolici, ai nostri fratelli musulmani, nemmeno ai laici,  ma Gesù lo diceva a tutti!
Questa parola allora, è una sorta di parola-progetto ma è anche una parola-sfida, la possiamo chiamare parola anticultura del nostro tempo; voglio essere capito: noi abbiamo in corpo la cultura del vincere, oggi bisogna essere primi, se per caso una persona arriva seconda è considerato il primo degli sconfitti.
La cultura della competizione, della supremazia automaticamente si fa cultura del potere che esclude, discrimina, elimina, si direbbe che la diversità non ha accesso è come se la storia, di cui facciamo parte, sia entrata di nuovo nel Colosseo.
Nel Colosseo c’era la competizione per vincere e anche oggi, forse, si aspetta che qualcuno faccia pollice ingiù.
Figlioli occorre amare, non vincere, occorre salvare non comprimere, occorre accogliere non respingere, occorre eliminare la fame non affamare; il martirio di S. Ciriaco , illuminato dalla croce di Cristo, è il segno della bellezza della sua unità, ma è anche la testimonianza che il filo rosso della vita e della storia, non è l’onnipotenza degli uomini, ma è la Provvidenza e la paziente Sua tenerezza.
Allora usando la metafora del computer vi formulo una domanda: quale file stiamo preparando o quale pennetta stiamo riempiendo da presentare alla signoria di Dio quando lo vedremo faccia a faccia?
L’elenco e le foto delle cose possedute nel potere esercitato della vittoria ottenuta oppure l’elenco e le foto dell’amore donato delle opere sante compiute, del bene fatto, come ci ha ricordato S. Pietro nella seconda lettura?
Il terzo messaggio. – Ieri pomeriggio in questa Cattedrale c’erano più di 200 adolescenti, c’era la generazione della speranza, li ho affidati alla protezione di S. Ciriaco, invitandoli a custodire in loro il tesoro di Dio.
Già carissimi la speranza abita dove abita Dio ed è questo, secondo, me l’altro invito del santo che possiamo riassumere così: per cambiare una società occorre cambiare la coscienza di chi la costituisce.
Di che cosa soffre la nostra società?
Mi limito a dire soffre della “sonnolenza” della coscienza collettiva, che sembra soffrire più della mancanza delle cose, che della mancanza della rettitudine.
Credo che l’ultimo invito di S. Ciriaco sia questo: ridestare la coscienza e ciò, come dice S. Pietro, avverrà se lo spirito di Dio riposa, abita in noi.
Scendiamo da questo colle con qualche impegno perché la città, la diocesi, la regione e la nostra nazione ritrovino lo spirito di Dio e perché tutti si possa riposare in Lui sorgente della speranza.
Non pensate che questo sia un messaggio pessimista, questo è un messaggio – compito. Buona festa!
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)