2016/06/12: Essere vicini a chi è fragile

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
Giubileo del malato
CATTEDRALE DI S. CIRIACO – Ancona
Domenica  12 giugno 2016
Carissimi, desidero rinnovare a tutti la gratitudine e il ricordo della preghiera in questa liturgia, per voi che state vicino agli ammalati, per tanti altri che, nelle case, curano gli anziani e i portatori di handicap e naturalmente prego per tutti questi fratelli e sorelle che sperimentano la debolezza e la fragilità della carne nella malattia e in altri disagi.
Ascoltando la Parola del Signore vorrei per me e per voi ampliare questa idea: Gesù è il Salvatore, morto e risorto per noi, ma Gesù è anche lui, così si è definito, il Maestro e come tale aveva un’unica ragione: quella di insegnare.
Gesù, quali categorie di persone ha davanti a sé?
Ragionando in modo semplice si può dire che le categorie che Gesù ha incontrato, e che Lui stesso ha voluto incontrare e delle quali si è fatto prossimo, sono almeno tre: le persone malate (quante ne ha guarite!), le persone superbe (i farisei), le persone peccatrici.
Credo che tutti noi, chi più chi meno, apparteniamo a tutte queste categorie, siamo un po’ malati, un po’ superbi e molto peccatori.
In questo rapporto con queste categorie, Gesù che cosa ha voluto esprimere?
Ha voluto esprimere la sua Misericordia, la sua vicinanza, ha voluto essere “medicina”.
La prima categoria: i malati.
“Medicina” nei confronti della malattia, non perché noi capissimo che una volta invocato Lui, la malattia svaniva e non saremmo morti più; stando vicino alle persone malate ha voluto significare la sua prossimità verso quelle persone e ha voluto insegnare la nostra prossimità alla sua gloria, quasi avendo un rispetto della debolezza e della fragilità delle persone: più una persona era debole più Lui si è fatto “samaritano” .
Verso questa categoria, verso questo aspetto della vita Gesù ha portato tanta serenità, tanti malati ha guarito, ma quei malati guariti sono poi morti, perché Gesù non è venuto a togliere la fragilità, la debolezza, la malattia; Gesù è venuto ad indicare un nuovo modo di stare di fronte a tutto ciò sia come persone malate, sia come persone che aiutano, che sono solidali nei confronti di questi fratelli.
La seconda categoria: i superbi.
Anche oggi nel Vangelo, Gesù incontra la categoria dei superbi nella quale mettiamo i farisei.
In questo caso c’è n’è uno che ha un nome Simone, poi ci sono tutti i suoi amici commensali che hanno un unico difetto: vogliono contestare Gesù, mettendolo in difficoltà, ma tutte le volte Gesù tenta di educarli.
Dobbiamo dire che con i superbi a Gesù non sempre è andata bene, pochi ne ha cambiati, Nicodemo e qualcun altro, ma gli altri sono rimasti in questa dimensione di non capire che per essere veri uomini occorre essere umili e per giudicarsi non basta mettersi davanti alla legge, quanto piuttosto mettersi davanti a Lui.
La terza categoria: i peccatori
Quella dei peccatori è la più numerosa e Gesù ne ha incontrati tanti! Con i peccatori Gesù ha usato sempre uno stile: li ha ascoltati, li ha fatti parlare, ha accettato le loro azioni e subito dopo ha dato loro la grande speranza, con la frase, che abbiamo ascoltato anche oggi, “la tua fede ti ha salvata, i tuoi peccati sono perdonati!”
Tutto questo per noi si fa scuola.
Questa mattina Papa Francesco, nell’omelia della S. Messa per il Giubileo dei portatori di handicap, ribadiva che noi viviamo in un mondo dove è inammissibile la fragilità, la conosciamo, ne facciamo esperienza, ma questo uomo è come volesse auto-ingannarsi, vuole essere perfetto, non vuole manifestare la propria debolezza, non accetta la malattia, e caso mai qualcuno fosse in questa situazione raramente viene accolto, qualche volta si giunge a mettere certi tipi di malattia da parte, a nasconderli.
Papa Francesco ci ricorda che noi tutti, siamo abbracciati dalla fragilità; veramente, carissimi, viviamo in una cultura ingannevole, cioè come se all’uomo non potesse capitare mai qualcosa del genere.
Alla luce di ciò che dice e fa Gesù, noi capiamo che siamo abbracciati alla fragilità e che per questa fragilità è necessaria la Sua grazia ed é necessaria ed utilissima la nostra ‘samaritanità’, cioè questo essere vicino a chi è fragile.
Qui rinnovo la mia gratitudine agli uomini e alle donne dell’UNITALSI e quanto mi piacerebbe che cresceste di più.
So che ci sono tante altre associazioni di volontariato che ringrazio, saluto e incoraggio, e mi piacerebbe pensare che foste capaci di rubare l’attenzione delle nuove generazioni.
Spesso lo dico alle comunità parrocchiali, durante la preparazione alla Cresima qualche incontro di catechesi anziché farlo nelle opere parrocchiali sarebbe utile farlo nelle stanze di ospedale, in un luogo dove sono anziani ammalati e soli, là dove c’è una tribolazione, in modo che i ragazzi capiscono e vengono educati a questa vicinanza.
Noi dobbiamo riscoprire l’onestà sulla nostra vita! Dobbiamo accettare la fragilità per un verso e la finitezza nell’altro.
Siamo in un mondo dove non si vuol morire, la morte invece per noi è strada, è porta verso l’incontro con il Padre, lo so che dicendo queste cose si scandalizza, ma Gesù lo ha fatto!
A Marta, sorella di Lazzaro, che si lamentava che Gesù non fosse presente alla morte del fratello, il Signore rispose: “Io sono la resurrezione e la vita” e fece risorgere il fratello, ma anche Lazzaro poi è morto.
La vicinanza di Gesù, carissimi, è educativa.
L’altra modalità che Gesù adopera per far comprendere ciò che dice è la misericordia.
La misericordia  sta diventando un “chiodo fisso” per Papa Francesco, non c’è occasione in cui non parli di misericordia e c’è qualche cristiano battezzato, non cristiano credente, che giudica il Papa troppo buono …!
Il Papa si sforza, come faccio io, come fate tutti voi, di imitare Colui che non solo è buono, ma è buonissimo, cioè il Signore Gesù.
Nel caso specifico di questo brano evangelico, quanto è bella questa parola di Gesù: “Simone! Ho da dirti una cosa!” e quando è che Gesù dice questa frase a Simone? Quando lui nella sua mente di uomo giusto pensava “Se lui sapesse chi è questa donna…!” e lo mette davanti alla realtà.
Fa questa specie di litania a Simone, sottolineando tutte le cose che lui non gli ha fatto e che invece la donna gli ha fatto: non mi hai dato l’acqua per i piedi, lei ha bagnato i miei piedi con le lacrime;
non mi hai dato un bacio, lei mi ha baciato i piedi; non mi hai dato il profumo (atto di onore per l’ospite), tu non lo hai fatto; tu che ti dici buono, perfetto, lei che nel giudizio collettivo è una ‘peccatrice’ ha fatto tutto questo.
Questa è la prospettiva di Gesù, noi, carissimi, non siamo sotto il giudizio, noi tutti siamo sotto la misericordia, questo dobbiamo imparare: per la letizia della nostra vita e per la letizia che dobbiamo dare agli altri.
Carissimi dobbiamo cambiare mentalità, non dobbiamo crederci perfetti perché si ubbidisce alla legge, ma perché obbediamo alla legge del Signore.
“Chi è mai costui che perdona i peccati?” Oggi scandalizza più la misericordia che l’odio! Eppure il Signore questo vuole.
Tutti noi, alla luce di questa misericordia, diventiamo “nobili”, perché la misericordia ci rende nobili ed è come se tutti fossimo abbracciati alla misericordia.
Abbandoniamo allora le categorie umane, abbandoniamo la lettura della nostra vita e quella degli altri in base alle debolezze ed abituiamoci a vedere in noi stessi e in tutti coloro che ci sono vicini la meraviglia della vita. Diamoci questa gioia reciproca!
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)