2016/08/14: Davanti a Maria liberiamo l’anima, facendola diventare veramente l’elemento fondamentale della vita

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
VIGILIA DELLA FESTA DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
(Ap. 11,19a-12, 1-6a.10ab; Salm.44; 1Cor.15,20-27a; Lc 1, 39 -56)
Porto di Numana  
DOMENICA 14 agosto 2016
So perfettamente che questa non è l’ora più adatta per fare grandi riflessioni, tuttavia spero che mi perdonerete se, accanto alla Parola di Dio che abbiamo ascoltata, aggiunga qualche mia parola che aiuti me e tutti voi a celebrare con fede questo momento  e tutta la giornata di domani.
Quando ci troviamo davanti alla Madonna siamo tutti presi da un sentimento particolare, perché la sentiamo come nostra madre, colei che ci accompagna; la sentiamo una persona vicina a noi con la quale possiamo dire tante confidenze e chiedere tante cose, perché ad una madre tutto si può chiedere .
Qui vorrei, pur restando davanti a questa contemplazione di lei che è madre nostra, tentare di offrirvi qualche percorso spirituale per trarre da ciò qualcosa di utile per la nostra vita.
Il primo percorso.
Perché Maria è grande? Non è grande per il privilegio unico avuto, l’unica donna al mondo che può “gloriarsi” di essere la Madre del Figlio di Dio, non c’è nessuna altra donna che può pretendere, sognare, desiderare tutto ciò, è già avvenuto.
Dobbiamo renderci conto tuttavia, che, alla luce di questa singolarità, è la persona che è tale, non solo per privilegio, ma per partecipazione.
Vedete la storia di Maria è una storia di alleanza con Dio, è come se Lei davanti a questo mistero incomprensibile si fosse consegnata al mistero di Dio, si è fidata di Dio, non ha “combattuto” con Dio.
Stiamo vivendo tutti carissimi, una storia molto complicata, ma non perché lo sia oggi, la storia è sempre complicata, ma la gravità del mondo contemporaneo è che questa storia complicata il mondo la vuole vivere da solo, quasi in antagonismo con Dio.
E’ il caso, e questo tocca a noi che abbiamo il dono della fede in Gesù Cristo e in Lei madre sua, tocca a noi raccontare e testimoniare al mondo che l’unico atteggiamento utile per l’umano è di essere collaboratori con Dio e non antagonisti con Dio.
Tutte le volte che l’uomo diventa antagonista di Dio e vuol fare da solo, la sua è una storia che si perde, è una storia che si ritrova con le anfore vuote.
Il tempo che viviamo ha molte anfore vuote, mancano la giovialità, la fraternità, la fedeltà, la stabilità dell’amore, insomma manca, perdonatemi se dico così, l’obbedienza, l’alleanza con Dio.
Quanto vorrei che su questo versante noi tutti diventassimo, per questa storia contemporanea, la voce della speranza, dell’alleanza d’amore con Dio.
Il secondo percorso.
Vorrei che soprattutto voi donne, guardaste bene Maria, perché voi donne avete un privilegio singolare, di essere del suo genere, lei è donna come voi e voi donne come lei, allora credo che sia necessario, nella semplicità, fare in modo che la vostra storia di donne diventi una storia simile alla sua.
Storia, quella di Maria, dentro la quale c’è tutta la grandezza, la debolezza, la fatica, la sofferenza e la speranza di cui ogni donna oggi è titolare, depositaria e testimone.
Vorrei proprio che comprendeste le parole che sto per dire perché io non posso tradire la fede che ho e nemmeno voi carissimi, se avete questa fede in lei, potete tradire la fede in lei.
Noi non possiamo alterare la figura della donna, la dona è come lei, è donna nella sua singolarità, nella sua tipicità, nella sua immodificabilità di donna; la donna come lei è capace di amore (si fidanza) e non fa un fidanzamento per prova, fa un fidanzamento per conoscere l’altro, e il suo fidanzamento come quello di Giuseppe, è stato turbato da questo avvenimento soprannaturale e tutti e due non hanno “buttato le carte a quarantotto”, si sono ambedue inginocchiati di fronte ad un mistero ed hanno concordemente accettato di essere fidanzati e contemporaneamente aderenti a quel Mistero.
Il loro non è stato, fatemi dire così ragazze, un fidanzamento vagabondo, “dove impera il piacere” perché, voglio ricordarlo a tutti anche a me stesso, l’amore non è piacere, i sentimenti sono piacere; l’amore è la sostanza del vivere, è la libertà vera.
Allora vorrei che anche il tempo del fidanzamento fosse gestito da voi donne, con la sapienza e la libertà di Maria.
Donna, fidanzata, sposa, guardate che la vita di questa famiglia è stata una vita strana, ve la riassumo così: Maria sa di essere, nei confronti del Figlio, madre, ma sa che nei confronti del Figlio è figlia perché Lui é il Creatore.
E’ un rapporto tutto singolare, unico: la madre che deve educare e un figlio che comanda più della madre, tutti e due sono alleati insieme; lei è sposa la nostra mentalità è talmente disturbata che non comprende che si può essere sposa senza essere moglie, e Giuseppe capisce che lei è la sua sposa, ma non è la sua moglie e costruiscono un’alleanza d’amore, perché l’amore non ha necessità solo della partecipazione della carne.
La carne, carissimi, è un fatto che si usa, l’amore è prima della carne, è nella carne, è dopo la carne; la loro vita di sposi è stata una vita problematica, Giuseppe aveva provato ad andare dall’avvocato di quel tempo, ma poi fece come l’angelo gli disse, perché anche nella vita di Giuseppe c’era questo mistero della fedeltà, un progetto che nella sua mente non c’era, non era comprensibile.
Donna, fidanzata, sposa, madre la maternità stabilisce un vincolo singolare, unico e la maternità non è proprietà del figlio, ma non è nemmeno abbandono del figlio, è tenerezza educativa, attenzione a quel Figlio e Maria ha educato quel bambino ad essere anche lui fedele a quel progetto e ambedue sono andati a finire sotto la croce.
Davanti ad un problema questa donna non è fuggita!
Tutti e due, madre e figlio, hanno avuto bisogno di una paternità alleata sul versante educativo, una paternità capace di far capire a quel figlio che la vita non è vagabonderia, ma fatica!
Nessuno al mondo, nemmeno il figlio di Dio è vissuto stando con le braccia conserte, ma nessuno di quella famiglia ha fatto in modo che la operatività, la professione  schiavizzasse l’amore, riducesse l’attenzione affettiva.
Guardando lei, carissime, abbiate la bontà di fermarvi, parlateci con lei, davanti ai problemi che avete ditele : ma come hai fatto tu?
Di fronte al primo ostacolo dove è andata lei?
Ha detto “Fate quello che mio figlio vi dirà!” questa serata oltre al tumulto di sentimenti che porta nel cuore, vorrei tentaste una serata sapienziale: tornerete alle vostre case, negli alberghi che vi ospitano; se siete sposi guardatevi in viso, da quanto tempo non dite alle vostre donne: “Tu sei una meraviglia!”, uomini da quanto tempo non lo dite più…?
E voi papà e mamma da quanto tempo non prendete in braccio vostro figlio e non gli dite: “Abbi fiducia, noi due stiamo con te!”
Di fronte alle scelte della vita: matrimonio e sacerdozio, non ci sono svincoli di legge, prima c’è la coscienza che vale per chi crede e chi non crede, vale per tutti, la coscienza è il sacrario intimo che ognuno di noi non deve mai sciupare.
Il terzo percorso.
La festa odierna ci fa guardare in alto; ricordo quando Papa Giovanni XXIII l’11 ottobre aprì il Concilio, la sera affacciandosi alla finestra indicando la luna disse che anche la luna quella sera partecipava alla gioia di quel momento storico; questa festa ci fa guardare in alto, non solo alla luna come sentimento, ma ci fa guardare in alto perché la festa di oggi è la memoria della nostra destinazione definitiva.
Non state con la testa bassa, non guardate sempre i problemi, le fatiche, fermatevi alzate lo sguardo, liberate l’anima, fatela diventare veramente l’elemento fondamentale della vita.
Cassiodoro (485 – 560 d.C.) nel suo libro sull’anima scrisse: “L’anima è la spinta della carne, e il corpo è la visibilità dell’anima”; quanto mi piacerebbe che di fronte ai grandi problemi, noi fossimo capaci di guardare alla nostra destinazione ultima, tutto quello che si fa in questa vita è destinato ad essere lasciato con la morte.
Ma pensate che la nostra vita è così bella perché orientata alla morte?
Questa festa ci dice che la morte non è l’ultima parola, bensì la penultima, anche di questo noi cristiani dobbiamo essere testimoni, in un mondo ingolfato dalle cose, dal terrenismo.
Occorre che noi cristiani siamo l’anima di questo mondo, occorre che diamo speranza perché c’è una promessa per ciascuno, certo queste promesse valgono se c’è una persona, come lei, dentro di noi, da seguire nello spirito della fede.
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)