Celebrata nella cattedrale di San Ciriaco la S. Messa crismale

Il giovedì santo, nella mattinata, tutto il presbiterio della diocesi, con i fedeli, si è ritrovato unito al suo arcivescovo in cattedrale per la celebrazione della messa crismale una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui. La Messa crismale è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo, organicamente strutturato, che nei vari ministeri e carismi esprime, per la grazia dello Spirito, i doni nuziali di Cristo alla sua sposa pellegrina nel mondo. La Messa crismale, rende ancor più evidente il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale all’interno di tutto il popolo sacerdotale e orienta l’attenzione verso il Cristo, il cui nome significa «consacrato per mezzo dell’unzione».
Dopo l’omelia il Vescovo ha invitato i sacerdoti a rinnovare le promesse sacerdotali con queste parole: “Carissimi presbiteri, la santa Chiesa celebra la memoria annuale del giorno
in cui Cristo Signore comunicò agli apostoli e a noi il suo sacerdozio. Volete rinnovare le promesse, che al momento dell’ordinazione avete fatto davanti al vostro vescovo e al popolo santo di Dio?
E i presbiteri hanno risposto: Sì, lo voglio.
E’ seguito il solenne momento della presentazione e benedizione degli oli.
E’ stato benedetto per primo l’olio che viene usato per il sacramento dell’unzione degli infermi.
Il vescovo ha pronunciato queste parole:
O Dio, Padre di consolazione, che per mezzo del tuo Figlio hai voluto recare sollievo alle sofferenze degli infermi, ascolta la preghiera della nostra fede: manda dal cielo il tuo Spirito Santo Paraclito su quest’olio, frutto dell’olivo, nutrimento e sollievo del nostro corpo; effondi la tua santa benedizione perché quanti riceveranno l’unzione ottengano conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito, e siano liberati da ogni malattia, angoscia e dolore.
E’ seguita la benedizione dell’olio dei catecumeni, di coloro che ricevono il battesimo. Il vescovo ha pronunciato queste parole:
O Dio, sostegno e difesa del tuo popolo, benedici quest’olio nel quale hai voluto donarci un segno della tua forza divina; concedi energia e vigore ai catecumeni che ne riceveranno l’unzione, perché illuminati dalla tua sapienza, comprendano più profondamente il Vangelo di Cristo;
Infine è stato benedetto l’olio del crisma che viene usato per il battesimo, la cresima, l’ordinazione sacerdotale ed episcopale.
Il vescovo si è rivolto ai fedeli con queste parole.
Fratelli carissimi, rivolgiamo la nostra preghiera a Dio Padre onnipotente, perché benedica e santifichi quest’olio misto a profumo, e coloro che ne riceveranno l’unzione siano interiormente consacrati e resi partecipi della missione di Cristo redentore.
Dal mistero pasquale, cuore e centro dell’intera storia della salvezza, scaturiscono i Sacramenti e i sacramentali che significano e realizzano l’unità organica di tutta la vita cristiana. La benedizione del crisma dà il nome di Messa crismale a questa liturgia. Il rito della benedizione degli oli, inserito nella celebrazione eucaristica, dopo l’omelia e la rinnovazione delle promesse sacerdotali, sottolinea pure il mistero della Chiesa come sacramento globale del Cristo, che santifica ogni realtà e situazione di vita. Ecco perché, insieme al crisma, sono benedetti anche l’olio dei catecumeni per quanti lottano per vincere lo spirito del male in vista degli impegni del Battesimo e l’olio degli infermi per l’unzione sacramentale di coloro che nella malattia compiono in sé ciò che manca alla passione redentrice del Cristo. Così dal Capo si diffonde in tutte le membra della Chiesa e si espande nel mondo il buon odore di Cristo.
Alla celebrazione hanno partecipato anche tanti ragazzi e ragazze che durante l’anno riceveranno il sacramento della confermazione.
 
Di seguito viene riportata l’omelia dell’Arcivescovo:
Cari fratelli sacerdoti, fratelli e sorelle nella fede,
oggi siamo qui radunati, nella gioia del Signore, a celebrare la santa Messa crismale. A ringraziare Dio perché, nella sua infinita misericordia, ha unto il suo popolo.
E’ il primo Giovedì santo che celebro con voi. Saluto tutti con affetto, in particolare voi, cari sacerdoti, che oggi, come me, ricordate il giorno dell’Ordinazione, mentre il pensiero va anche ai sacerdoti anziani e ammalati che spiritualmente sono qui con noi. Un augurio speciale ai sacerdoti che don Roberto ha ricordato all’inizio della celebrazione e che celebrano una data importante del loro sacerdozio. In questa Santa Messa i nostri pensieri ritornano all’ora in cui il Vescovo, mediante l’imposizione delle mani e la preghiera, ci ha introdotti nel sacerdozio di Gesù Cristo, così che fossimo “consacrati nella verità” (Gv 17,19), come Gesù, nella sua Preghiera sacerdotale, ha chiesto per noi al Padre. Egli stesso è la Verità. Ci ha consacrati, cioè consegnati per sempre a Dio, affinché, a partire da Dio e in vista di Lui, potessimo servire gli uomini.
Dobbiamo chiederci: Siamo uomini che operano a partire da Dio e in comunione con Gesù Cristo? Con questa domanda il Signore sta davanti a noi, e noi stiamo davanti a Lui.
“Volete unirvi più intimamente al Signore Gesù Cristo e conformarvi a Lui, rinunziare a voi stessi e rinnovare le promesse, confermando i sacri impegni che nel giorno dell’Ordinazione avete assunto con gioia?”. Con queste parole mi rivolgerò a voi dopo l’omelia.
Con ciò si esprimono soprattutto due cose: è richiesto un legame interiore, anzi, una conformazione a Cristo, e in questo necessariamente un superamento di noi stessi, una rinuncia a quello che è solamente nostro, alla tanto sbandierata “autorealizzazione”. È richiesto che noi, che io non rivendichi la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un altro, di Cristo. Che non dica: che cosa ne ricavo per me?, bensì: che cosa posso dare io per Lui e così per gli altri? O ancora più concretamente: come deve realizzarsi questa conformazione a Cristo, il quale non domina, ma serve; non prende, ma dà. Egli ha concretizzato il suo mandato con la propria obbedienza e umiltà fino alla Croce, rendendo così credibile la sua missione. Non la mia, ma la tua volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità, e ci indica la strada. (Cfr. Benedetto XVI, omelia giovedì santo, 5 aprile 2012).
La S. Messa del crisma che stiamo celebrando, in cui viene consacrato il crisma e vengono benedetti gli altri oli, è la manifestazione della comunione dei presbiteri con il proprio vescovo nell’unico e medesimo sacerdozio e ministero di Cristo.
Tutti noi che siamo qui siamo stati unti il giorno del battesimo con l’olio dei catecumeni e con il crisma, con cui, il giorno della cresima abbiamo ricevuto l’unzione sulla fronte, e voi sacerdoti sulle mani, il giorno dell’ordinazione sacerdotale. Questi santi oli sono segno dell’umiltà del Signore Gesù, che nell’orto degli ulivi si è lasciato macinare nel frantoio dell’amore, per dare il buon olio profumato della letizia, della fratellanza e della pace a tutti, con il suo sacrificio sulla croce.
Un’ immagine molto bella del santo crisma è quella del Salmo 133: «È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste» (v. 2). L’immagine dell’olio che si sparge, che scende dalla barba di Aronne fino all’orlo delle sue vesti sacre, è immagine dell’unzione sacerdotale che per mezzo dell’Unto giunge fino ai confini dell’universo rappresentato nelle vesti. Ma nel salmo, all’inizio, è detto: “Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!” (v.1).
L’unzione ricevuta per poter arrivare agli altri ha bisogno di un primo passo quello che “i fratelli vivano insieme”.
Vorrei che in questo giorno ci lasciamo penetrare dall’Unto del Signore, da Gesù, carità infinita e con le parole di Paolo ai Corinti vorrei che facessimo un serio esame di coscienza.
La carità, dice san Paolo, «non si adira, non tiene conto del male ricevuto». L’apostolo dice poi che la carità «non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio». Questo è davvero un miracolo della carità, perché noi esseri umani – tutti, e in ogni età della vita – siamo inclinati all’invidia e all’orgoglio dalla nostra natura ferita dal peccato. E anche noi consacrati non siamo immuni da questo. Ma proprio per questo, cari Fratelli, può risaltare ancora di più in noi la forza divina della carità, che trasforma il cuore, così che non sei più tu che vivi, ma Cristo vive in te. E Gesù è tutto amore. Inoltre, la carità «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse». Questi due tratti rivelano che chi vive nella carità è de-centrato da sé. Chi è auto-centrato manca inevitabilmente di rispetto, e spesso non se ne accorge, perché il “rispetto” è proprio la capacità di tenere conto dell’altro, di tenere conto della sua dignità, della sua condizione, dei suoi bisogni. Chi è auto-centrato cerca inevitabilmente il proprio interesse, e gli sembra che questo sia normale, quasi doveroso. Tale “interesse” può anche essere ammantato di nobili rivestimenti, ma sotto sotto c’è Invece la carità ti de-centra e ti pone nel vero centro che è solo Cristo. Allora sì, puoi essere una persona rispettosa e attenta al bene degli altri.
Oggi esprimiamo, come presbiterio, la comunione con il vescovo. Cosa significa prestare obbedienza al vescovo? Non significa forse vivere la collaborazione e la corresponsabilità in quel cammino bello che il Signore ci ha indicato di sinodalità, in un cammino di formazione permanente? E’ vivere la diocesanità. E la diocesanità è una esperienza di appartenenza: tu appartieni ad un corpo che è la diocesi. Questo significa che tu non sei un “libero” – una volta nel calcio amatoriale c’era il libero -. No, tu non sei un “libero”. Sei un uomo che appartiene a un corpo, che è la diocesi, alla diocesanità di quel corpo. Se non coltiviamo questo spirito di diocesanità diventiamo troppo “singoli”, troppo soli. I padri del deserto dicevano: “Guai a chi è solo, perché finirà male”. La carità – aggiunge l’Apostolo – «non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità». Chi è chiamato nella Chiesa ad essere sacerdote, deve avere un forte senso della giustizia, così che qualunque ingiustizia gli risulti inaccettabile, anche quella che potesse essere vantaggiosa per lui o per la comunità a lui affidata. E nello stesso tempo «si rallegra della verità»: che bella questa espressione! L’uomo di Dio è uno che è affascinato dalla verità e che la trova pienamente nella Parola e nella Carne di Gesù Cristo. Lui è la sorgente inesauribile della nostra gioia. Che il popolo di Dio possa sempre trovare in noi la ferma denuncia dell’ingiustizia e il servizio gioioso della verità.
San Paolo ci dice che la carità è «magnanima» e «benevola». Quanto più si allarga la responsabilità nel servizio alla Chiesa, tanto più deve allargarsi il cuore, dilatarsi secondo la misura del cuore di Cristo. Magnanimità è, in un certo senso, sinonimo di cattolicità: è saper amare senza confini, ma nello stesso tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti. Amare ciò che è grande senza trascurare ciò che è piccolo; amare le piccole cose nell’orizzonte delle grandi. Saper amare con gesti benevoli. Benevolenza è l’intenzione ferma e costante di volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono bene.
Infine, la carità «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». Qui c’è, in quattro parole, un programma di vita spirituale e pastorale. L’amore di Cristo, riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ci permette di vivere così, di essere così: persone capaci di perdonare sempre; di dare sempre fiducia, perché piene di fede in Dio; capaci di infondere sempre speranza, perché piene di speranza in Dio; persone che sanno sopportare con pazienza ogni situazione e ogni fratello e sorella, in unione con Gesù, che ha sopportato con amore il peso di tutti i nostri peccati.
Cari Fratelli, tutto questo non viene da noi, ma da Dio. Dio è amore e compie tutto questo, se siamo docili all’azione del suo Santo Spirito.
Cari sacerdoti, Dio Padre rinnovi in noi lo Spirito di Santità con cui siamo stati unti, lo rinnovi nel nostro cuore in modo tale che l’unzione giunga a tutti, anche alle “periferie”, là dove il nostro popolo fedele più lo attende ed apprezza. La nostra gente ci senta discepoli del Signore, senta che siamo rivestiti di Lui carità perfetta e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto.
A voi cari fratelli e sorelle, popolo santo di Dio, rivolgo l’invito a pregare per noi sacerdoti perché il Signore ci renda degni di essere suoi ministri. Saluto con affetto i ragazzi e le ragazze che partecipano a questa celebrazione e che si preparano a ricevere la cresima, insieme ai catechisti e alle rispettive comunità.
La Vergine Maria, colma della carità di Dio, e i nostri santi patroni, san Ciriaco, di cui celebriamo il 4 maggio prossimo i 1600 anni dell’arrivo del suo corpo in Ancona, san Leopardo, ci proteggano, ci custodiscano e ci accompagnino nel cammino di santità. Amen.
Omelia Mons.Angelo Spina – S.Messa crismale 29 marzo 2018