Riflessione dell’Arcivescovo alla processione del Cristo Morto nella concattedrale di Osimo

L’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione della Passione del Signore nella cattedrale di S. Ciriaco in Ancona e la Via Crucis per il centro storico. In serata si è recato ad Osimo dove ha partecipato alla processione del Cristo Morto e in cattedrale ha tenuto una riflessione di cui viene pubblicato il testo integrale.
“Cari fratelli e sorelle,
il venerdì santo ci porta ai piedi della croce per contemplare il Crocifisso che, con i suoi occhi chiusi, guarda ogni nostro pianto. Vedendo le sue mani e i suoi piedi bucati dai ruvidi chiodi, il suo costato trapassato da una lancia e la corona di spine sul capo, tocchiamo con mano l’infinito amore di Dio, dato a noi per mezzo del Figlio suo, che si è immolato sulla croce.
Guardando oggi la dolorosa passione del Signore Gesù, veniamo attratti dalla luce della verità che Dio è amore, Dio ama ogni creatura. Nella morte di croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo, è l’amore nella sua forma più profonda e più alta.
Quanto è stato dolce, Signore Gesù, accompagnarti per le strade della nostra città, per le nostre piazze, davanti alle nostre case in cui non mancano i problemi di salute, di lavoro, di disagio, di incomprensioni, di situazioni di peccato.
Signore Gesù, al tuo mistero di dolore, di amore e di redenzione, hai voluto associare la tua Madre, Addolorata, che vedendoti morire e ricevendo il tuo corpo esanime tra le braccia, ha assaporato tutto il dolore, come una spada che le ha trapassato l’anima. Ma lei è rimasta lì, accanto a Te, non disperata, soffre e tutto offre a Dio, nella speranza.
Il mondo di oggi è pieno di sofferenze a causa dei nostri peccati. In questo momento il pensiero va ai tanti cristiani nel mondo che, per testimoniare la fede in te, Signore Gesù, vanno incontro al martirio, vengono uccisi solo perché credono in te, perché portano il tuo nome, perché sono cristiani e il mondo, di fronte a tutto questo, non alza la voce, ma tace, e a volte nasconde.
Pensiamo a tanti nostri fratelli e sorelle cristiani che per la loro fede vengono brutalmente costretti a lasciare le loro case, i loro paesi, ad essere profughi, senza una meta.
E’ sotto i nostri occhi, ogni giorno, una umanità schiacciata dalla povertà, una umanità “scartata”. Quante vite umane sono imprigionate e abbruttite dalla dipendenza di sostanze come la droga e l’alcol, quante persone sono nei tentacoli della dipendenza dal gioco e dalla rete di connessioni pericolose che avvelenano l’anima e rovinano le famiglie.
I giovani, poi, sono la nuova frontiera della povertà a causa della mancanza di lavoro. Sono l’anello più debole della costruzione sociale.
Viviamo in un tempo in cui l’individualismo impera. Viene respinto il limite, nell’altro si cerca solo lo specchio di se stessi, si vive un “delirio di onnipotenza” che distorce la visione alta della libertà e della realtà.
Individualismo e precarietà giovanile sono intrecciati. L’individualismo è la causa velenosa del nostro modo di pensare, e la precarietà ne è il frutto amaro. Non è più possibile ai nostri giorni mettere i giovani in panchina.
Il cammino lento e orante della processione ci ha portato a riflettere come siamo diventati indifferenti l’uno all’altro, come non si cerca più il bene comune, ma si curano solo i propri interessi.
La redenzione che tu ci hai donato con la tua morte di croce, Signore Gesù, ci apre alla speranza. Tu, sulla croce ti sei affidato completamente al Padre e il tuo cammino non è andato incontro alla fine. E’ entrato nella morte, ma Dio Padre ti ha risuscitato. E’ dalla croce, allora, che nasce la speranza. Dio mai abbandona. Dio è vicino nel momento della prova, a chi ha il cuore ferito. E’ vicino a ognuno di noi peccatore, quando vediamo un mondo corrotto, violento, quando vediamo le tante ingiustizie, la mancanza e la precarietà del lavoro, quando ci assale la paura di non farcela nella vita, Dio è vicino a ciascuno nell’abbraccio del Signore Gesù crocifisso, abbraccio di perdono, di misericordia, di tenerezza. Abbraccio che invita a non perdere la speranza, a non lasciarsi rubare la speranza, perché. “E’ nella speranza che siamo stati salvati” (Rm 8,24). Allora la vita non si raggomitola su se stessa, non si chiude alle paure e agli insuccessi, non è vuota. In questo è il segreto e il grande insegnamento che viene dalla cattedra della Croce. Solo aprendo il cuore all’amore divino, siamo spinti a cercare la felicità degli altri nei tanti gesti del volontariato che può essere una notte in ospedale a far compagnia a un ammalato, un prestito senza interessi, una lacrima asciugata in famiglia, la gratuità sincera, l’impegno lungimirante del bene comune, la condivisione del pane e del lavoro, vincendo ogni forma di gelosia e di invidia.
In questo momento, nel tuo volto, Signore Gesù, noi contempliamo il nostro tesoro, la nostra vera gioia. Tu con la tua dolorosa passione, con la tua santa croce ci hai redenti. Noi ti supplichiamo: abbi pietà di noi. Dalle tue piaghe siamo stati guariti e possiamo rinascere perché il buio di questo giorno già si apre alla grande speranza, all’alba della risurrezione. L’ultima parola non è la morte, ma la vita che Tu ci doni. Amen”.
Riflessione dell’Arcivescovo alla processione del Cristo Morto nella concattedrale di Osimo – venerdì 30.03.2018