L’Arcivescovo partecipa alla Giornata della memoria, per ricordare le vittime della Shoah

Il Treno della Memoria dell’Anpi è tornato per il quarto anno consecutivo al binario 1 Ovest della stazione di Ancona, con due carri merci adibiti a mostre. L’inaugurazione, il 20 gennaio, ha aperto una settimana di iniziative per il Giorno della Memoria tra concerti, incontri, presentazioni di libri, e lunedì 27 gennaio presso lo Spazio ex banca FS, c’è stato un incontro su “Memoria e bellezza per un mondo nuovo” con Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, e Guido Lorenzetti, vice presidente Aned Milano – Esecutivo FIR. Ha coordinato l’incontro Tamara Ferretti, Presidente Anpi Ancona.

Di seguito la relazione dell’Arcivescovo Angelo Spina suMemoria e bellezza per un mondo nuovo(27 gennaio 2020 – Spazio ex Banca FS, Ancona):

La Giornata della memoria si celebra in ricordo della liberazione degli ebrei prigionieri dal campo di concentramento di Auschwitz, nel 1945. Quando furono aperti i cancelli, il mondo intero poté vedere con i propri occhi la ferocia nazista. La Shoah rimane un’indelebile macchia nella storia del secolo scorso. Il novecento è stato testimone di un’indicibile tragedia, che non potrà mai essere dimenticata: il tentativo del regime nazista di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di ebrei. Uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e infanti, solo perché di origine ebraica, furono perseguitati e deportati. Alcuni furono uccisi immediatamente, altri furono umiliati, maltrattati, torturati e privati completamente della loro dignità umana, e infine uccisi. Pochissimi di quanti furono internati nei campi di concentramento sopravvissero, e i superstiti rimasero terrorizzati per tutta la vita. Questa fu la Shoah: uno dei principali drammi della storia del Novecento, un fatto che ci riguarda ancora oggi.

Ma oggi quelle immagini sembrano essersi sbiadite e la memoria perduta rischia di lasciare spazio ad un male che può in ogni momento ritornare. Non possiamo nascondere la preoccupazione per i fenomeni di antisemitismo che hanno preso di nuovo di mira gli ebrei, in maniera del tutto gratuita e violenta. Dalle pietre di inciampo divelte e rubate a Roma, a disprezzo per le vittime della Shoah, ai volantini inneggianti all’odio razziale che sono stati distribuiti qualche anno fa tra i tifosi di una delle due squadre romane, alla scorta assegnata alla senatrice a vita Liliana Segre, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz quando aveva 14 anni.

Questo 27 gennaio, ci ricorda il 75° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Dove più di una volta ho sostato, accompagnando i giovani, per pregare in silenzio. Altre volte recandomi a Gerusalemme, ho visitato lo Yad Vashem (l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah) di Israele, e ho visto sulle colline gli oltre sei milioni di alberi piantati a ricordo dell’Olocausto. Lì, più volte, mi sono fermato a fare memoria e a pregare.

Oggi, assorbiti nel vortice delle cose, fatichiamo a fermarci, a guardarci dentro, a fare silenzio per ascoltare il grido dell’umanità sofferente. Il consumismo odierno è anche verbale: quante parole inutili, quanto tempo sprecato a contestare e accusare, quante offese urlate, senza curarsi di quel che si dice. Il silenzio, invece, aiuta a custodire la memoria. Se perdiamo la memoria, annientiamo il futuro. L’anniversario dell’indicibile crudeltà che l’umanità scoprì settantacinque anni fa sia un richiamo a fermarci, a stare in silenzio e fare memoria. Ci serve, per non diventare indifferenti.

Papa Francesco, salutando la delegazione del “Simon Wiesenthal Center” il 20 gennaio 2020 ha detto: «Preoccupa l’aumento, in tante parti del mondo, di un’indifferenza egoista, per cui interessa solo quello che fa comodo a se stessi: la vita va bene se va bene a me e quando qualcosa non va, si scatenano rabbia e cattiveria. Così si preparano terreni fertili ai particolarismi e ai populismi, che vediamo attorno a noi. Su questi terreni cresce rapido l’odio. L’odio. Seminare odio. Ancora recentemente abbiamo assistito a barbare recrudescenze dell’antisemitismo. Non mi stanco di condannare fermamente ogni forma di antisemitismo. Per affrontare il problema alla radice, dobbiamo però impegnarci anche a dissodare il terreno su cui cresce l’odio, seminandovi pace. È infatti attraverso l’integrazione, la ricerca e la comprensione dell’altro che tuteliamo maggiormente noi stessi. Perciò è urgente reintegrare chi è emarginato, tendere la mano a chi è lontano, sostenere chi è scartato perché non ha mezzi e denaro, aiutare chi è vittima di intolleranza e discriminazione».

Il Papa, all’udienza di mercoledì 13 novembre 2019, ha detto: «Comincia a rinascere l’abitudine di perseguitare gli ebrei…Il popolo ebraico – osserva il Papa – ha sofferto tanto nella storia, è stato perseguitato e cacciato e nel secolo scorso abbiamo visto tante brutalità. Tutti eravamo convinti che questo fosse finito». E invece «oggi comincia a rinascere qua e là l’abitudine di perseguire gli ebrei. Questo non è umano né cristiano. Gli ebrei sono fratelli nostri e non vanno perseguitati, capito?». All’Angelus di ieri, domenica 26 gennaio, il Papa ha detto: «Domani ricorre il 75° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Davanti a questa immane tragedia, a questa atrocità, non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria. Domani siamo tutti invitati a fare un momento di preghiera e di raccoglimento, dicendo ciascuno nel proprio cuore: mai più, mai più!».

Ruth Dureghello, presidente del consiglio della Comunità Ebraica di Roma, alla domanda «La Giornata della memoria che cosa vuole dire ai cattolici italiani?», ha così risposto: «Io vorrei solo dire che non può essere un giorno solo il momento in cui ci soffermiamo a pensare quanto un uomo può essere crudele verso un altro uomo. E quanto male può procurare e quanto è pericoloso per l’umanità intera permettere a chiunque di sopraffare l’altro. È un messaggio che vale per il mondo cattolico ma anche per il mondo islamico: rimettere l’uomo al centro della storia, rimettere Dio al centro della storia, la famiglia e l’educazione, i valori su cui insieme crediamo e continuiamo a crescere». Per contrastare odio e razzismo, Ruth Dureghello  comincerebbe «sempre e solo dalla scuola, dai giovani e dalla responsabilità di ognuno. Molto spesso siamo abituati a delegare ad altri, anche quello che ci appartiene, la nostra umanità, il nostro saper convivere. La pace è un privilegio che abbiamo conquistato sul sangue dei martiri della Shoah e delle vittime della seconda guerra mondiale. L’abbiamo conquistata con le idee e con la forza di persone che hanno saputo vedere oltre».