Presepe vivente con le famiglie del Piccolo Principe

Il Covid non ha fermato la tradizione del presepe vivente, che da 20 anni coinvolge le famiglie della Cooperativa “Il Piccolo Principe”. Anche se in forma ridotta a causa della pandemia, i genitori e i bambini hanno deciso di realizzarlo anche quest’anno e lo hanno allestito nel Centro per l’infanzia “Il Piccolo Principe”, in via Orsi ad Ancona.

«Nonostante il Covid – spiega Anna Maria Sgrò, responsabile della Cooperativa “Il Piccolo Principe” – non abbiamo voluto rinunciare alla tradizione del presepe vivente. Abbiamo fatto nostre le parole di san Giovanni Paolo II, “Non abbiate paura”, e anche quest’anno lo abbiamo organizzato, in sicurezza e senza pubblico a causa della pandemia. Gesù fa nuove tutte le cose e, con questa rappresentazione, abbiamo voluto rivivere il mistero del Natale. I figuranti sono i genitori con i loro figli perché in primis deve essere l’adulto a mettersi in gioco, in modo che i bambini imparino a conoscere la storia di Gesù. Una storia vera, non una favola». Nell’allestimento del presepe c’erano anche alcune case, realizzate a mano dai genitori insieme ai bambini. «Le abbiamo inserite – spiega la responsabile – perché le nostre case fanno parte del presepe».

I figuranti hanno rappresentato diverse scene, dall’Annunciazione al sogno di Giuseppe, dalla visitazione della Beata Vergine Maria ad Elisabetta fino alla nascita di Gesù, e la rappresentazione è stata accompagnata dalla lettura del Vangelo e dai commenti di Mons. Angelo Spina, Arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo. «Dio entra nella storia e si fa uomo – ha detto l’Arcivescovo – grazie al sì di Maria. Ognuno di noi è invitato a dire il proprio sì a Dio e a fidarsi di Lui, come si è fidata Maria con il suo cuore purissimo. Anche Giuseppe che, nel Vangelo non parla e sta in silenzio, nel suo cuore dice sì a Dio. Lui diventerà lo sposo di Maria e il custode del Salvatore. Giuseppe ci indica la via per arrivare a Dio: il silenzio, il sì del cuore e il custodire».

Maria che si reca dalla cugina Elisabetta «è il segno della fede e della carità. Quando si ha Dio nel cuore non si rimane a mani vuote. Le mani si aprono generosamente, per dare aiuto. La vita è un dono di Dio. Elisabetta era sterile, il marito Zaccaria era anziano, eppure lei porta nel grembo un figlio e ciò ci fa capire che Dio è la sorgente della vita dell’uomo. È Lui che dà la vita». Commentando la nascita del Salvatore, l’Arcivescovo ha sottolineato che «Gesù nasce povero e umile. Dio che cha creato il cosmo e ciascuno di noi, entra nella storia, si fa piccolo, si spoglia di tutto e dona se stesso. La povertà diventa anche umiltà, perché Maria lo avvolge in fasce e lo depone in una mangiatoia, in latino presepium. Dio che si fa uomo, ci dona la gioia e la pace». Al termine della rappresentazione, l’Arcivescovo ha benedetto le statuine raffiguranti Gesù Bambino.

 

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