MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO PER LA PASQUA 2021

Il profumo della Pasqua!

La Pasqua di quest’anno, segnata dal drammatico impatto dell’epidemia e della variante del virus, appare con tutte le sue luci e le sue ombre. Da un lato: angoscia, paura, smarrimento. Dall’altro: generosità, speranza, fiducia. La nostra attenzione e preoccupazione si è concentrata sempre più su un colpo di tosse, su una linea di termometro che supera i 37 gradi, sul sospetto di aver incontrato una persona positiva e dover fare la quarantena; tanti i brividi di paura e di smarrimento.

Un anno fa non pensavamo minimamente che la soglia dei morti, in Italia, sarebbe arrivata a superare i centomila. Si avverte un malessere diffuso che avvolge tutto il pianeta, dove nessuno si sente immune. Il mondo intero è oggi un gigantesco laboratorio di ricerca di un vaccino che viene atteso come fosse una specie di “messia chimico”. Ma per quanto urgente e necessario, questo traguardo non avrà esaurito lo spazio delle risposte che gli uomini inseguono. Va detto, infatti, che oltre a cimentarci nella risposta a questo virus, siamo alle prese con interrogativi grandi che covano sotto la cenere. Molte vecchie domande abbandonate nei ripostigli delle inutili cianfrusaglie sono riemerse in questi ultimi mesi come non mai. Mi riferisco alle domande sul senso della vita e della morte, del dolore, dell’amore, della fede.

In questo tempo così drammatico celebriamo la Pasqua: il mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Guardiamo il crocifisso. L’ora della croce è l’ora in cui Gesù sperimenta la sofferenza più drammatica dell’uomo: la solitudine, l’isolamento, l’incomprensione, il rifiuto, il tradimento, la morte. Gesù sperimenta in sé tutte le possibilità di sofferenza dell’uomo. Assume quel posto perché nessuno possa dire di trovarsi oltre quella linea, è più avanti delle nostre sofferenze, delle nostre solitudini. É su quella croce che il Padre viene a dirci che ci ama. Non lo fa con le parole ma con la carne del Figlio suo. È così che ci dice che ci ama. E noi, fissando lo sguardo sul Figlio crocifisso, diciamo con l’apostolo Paolo: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme a Lui?» (Rm 8,32). É dalla luce della croce che riprendiamo la nostra speranza, è da qui che riprendiamo il nostro cammino. È nell’amore del Figlio che troviamo la forza di ricominciare il viaggio, di accettare di lasciarci convertire, di rinascere dall’alto. Dalla croce Gesù abbraccia le nostre imperfezioni, trasforma le nostre fragilità. Noi non dobbiamo scoraggiarci quando vediamo i nostri limiti, i nostri peccati, le nostre debolezze: Dio è lì vicino, Gesù è in croce per guarirci. Questo è l’amore di Dio. Guardare il crocifisso e dire dentro di noi: “Dio mi ama”. Non dimentichiamo mai questo: «Dio è più grande delle nostre debolezze, delle nostre infedeltà, dei nostri peccati». Lasciamoci prendere dal Signore per mano, guardiamo il crocifisso e andiamo avanti perché Gesù trasforma il dolore in amore, l’odio in perdono, la vendetta in misericordia, mostrando una meta alta. È lui l’amante della vita che vuole che tutte le vite siano salve e dona tutto se stesso in sacrificio per noi. La morte con tutta la sua potenza davanti a lui si è dovuta arrendere perché lui ha vinto la morte, è risorto, è vivo, è il vivente. In lui le nostre sorgenti sono ritrovate, perché sorgenti del cielo. Possiamo nascere a una vita più alta e più grande, e guardare l’esistenza da una prospettiva nuova, da un pertugio aperto nel cielo, per vedere cosa è effimero e cosa invece è eterno.

La Pasqua allora porta un profumo nuovo, non tanto quello di primavera, ma di una umanità nuova, risorta in Cristo. La vita allora si profuma di speranza, di fiducia, di generosità. Non possiamo dare in questo momento della nostra storia che questa buona notizia: Cristo ha vinto la morte. Si è «profumo» di Cristo nella misura in cui si ha il coraggio di seguire la sua stessa sorte senza preoccuparsi di se stessi e delle proprie cose, ma prendendosi cura del prossimo e guardando alle cose del Regno.

+Angelo, Arcivescovo