L’Arcivescovo ha presieduto la S. Messa a Loreto con la presenza dei partecipanti al Corso di alta formazione Migrtantes.

Da lunedì 23 a venerdì 27 agosto 2021 si tiene  a Loreto la seconda edizione del Corso di alta formazione organizzato dalla Fondazione Migrantes in collaborazione con il SIMI (Scalabrini International Migration Institute). Quest’anno il corso è incentrato sul tema: Costruire e custodire la casa comune. “Siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te. Il nuovo Corso di alta formazione è un’iniziativa avviata nel 2020 in risposta al desiderio manifestato da numerosi direttori diocesani Migrantes di poter disporre di occasioni per continuare ad incontrarsi e a formarsi. Come già in passato, anche quest’anno il Corso di alta formazione si terrà nella regione italiana scelta per la celebrazione solenne della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, in modo da valorizzare le buone pratiche espresse dai diversi uffici territoriali.

In basilica l’arcivescovo Angelo ha presieduto la S. Messa, di seguito viene riportata l’omelia:

“Cari fratelli e sorelle, l’inizio della lettera ai Tessalonicesi di San Paolo è di una bellezza unica. L’apostolo per prima cosa ringrazia Dio e poi mette in evidenza tre aspetti: la preghiera. Lui ha evangelizzato e poi è partito, ma porta tutti nel cuore con la preghiera. Fa poi un elogio alla comunità per l’operosità della fede, la fatica della carità e la fermezza della loro speranza nel Signore Gesù Cristo. Infine annota la loro conversione dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio che ha risuscitato dai morti. Nel brano del Vangelo ascoltato, il tenore è diverso. Gesù richiama una serie di comportamenti e tradizioni che erano diventate solo ipocrisie, soprattutto perché scambiavano i valori economici ed effimeri con quelli veri. Gesù chiede se vale più il Tempio o l’oro in esso raccolto; di più l’offerta o l’altare sul quale è deposta; il Tempio o Colui che lo abita. Attraverso il pronunciamento dei “guai” che in questo brano ricorre sette volte, rivolto ai farisei e agli scribi, Gesù mette tutti in guardia dall’essere ipocriti. Sappiamo che il senso del “guai” è “Ahimè per voi”, esprime più che una minaccia un dolore per la situazione dell’altro. E’ un’espressione di sincero amore, non di aggressività, né tanto meno di cattiveria. E’ un lamento.  L’ipocrisia è la differenza tra l’essere e l’apparire, il non riconoscere l’ordine dei valori, ciò che è importante e ciò che lo è di meno, ciò che è centrale e ciò che è periferico. L’ipocrisia nasconde i propri limiti, indossa la veste della fedeltà e si arroga il diritto di giudicare gli altri. Pur conoscendo le sue mancanze, anche gravi, l’ipocrita si presenta come angelo di luce. Propone agli altri una fede che lui per primo non si impegna a vivere. Si impegna di essere fedele alla forma, ma trascura, dimentica o calpesta la verità sostanziale delle cose. L’ipocrisia non è certo un pericolo che correvano solo i farisei e gli scribi di allora, ma può toccare anche noi. Quanta ipocrisia c’è oggi nel mondo!

Siamo qui nella Casa Santa di Loreto dove il “si” di Maria a Dio è stato limpido e puro, è risuonato per tutti noi come una sinfonia di fede, speranza e carità. Lei ha aperto le porte della sua casa, la sua mente, il suo cuore, la sua vita a Dio con  “l’Amen” della fede, un amen sincero e fedele, senza doppiezze. Nel suo grembo Dio si è fatto carne e lo ha donato a noi.

L’ “Amen” di Maria è risuonato ancora più forte ai piedi della croce dove, come discepola, ha seguito fino in fondo il figlio suo facendo la volontà di Dio, soffrendo e amando, trasformando il dolore in amore e la tristezza in speranza. Dalla croce Gesù ce l’ha donata come Madre e lei ci ha accolto tutti, sotto il manto della misericordia. Non ha fatto differenze, non ha costruito muri di separazione tra buoni e cattivi, ma ponti d’amore per portarci all’incontro con il  figlio suo, salvatore e redentore. Cari fratelli e sorelle, siamo qui pellegrini, nell’anno giubilare lauretano, in un tempo di incertezze a causa della pandemia, di tante tensioni e delle sofferenze di uomini e donne profughi e immigrati. Ieri la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ci invitava a pregare in modo particolare per Haiti colpita nuovamente dal sisma e per l’Afghanistan. Il neonato che una madre afghana ha fatto passare oltre la reclusione del filo spinato all’aeroporto di Kabul per una vita migliore, consegnandolo in altre mani, ha fatto il giro del mondo toccando i cuori.

Quella madre spingendo la vita oltre il filo spinato ha voluto dire a tutti che la vita vince, vince la pace, c’è futuro, c’è speranza, anche se quella vita indifesa e fragile è stata posta nelle mani degli altri. All’Angelus di ieri Papa Francesco ha detto:<<Non bisogna inseguire Dio in sogni o immagini di grandezza e di potenza, ma bisogna riconoscerlo nell’umanità di Gesù e, di conseguenza, in quella dei fratelli e delle sorelle che incontriamo sulla strada della  vita>>. La Vergine Maria, la credente e la discepola, Madre della Chiesa ci aiuti ad essere non ipocriti, ma sinceri, ad accogliere l’amore che Dio riversa nei nostri cuori e ad accogliere i fratelli e le sorelle nelle loro necessità. Amen”.