Incontro in memoria della scultrice Giò Fiorenzi nella parrocchia dei Santi Cosma e Damiano

La scultrice e ceramista marchigiana Giovanna Fiorenzi, nota anche come Giò Fiorenzi, (Osimo, 22 aprile 1930 – Senigallia, 4 aprile 2020), è stata ricordata venerdì 29 ottobre, durante un incontro organizzato nella Parrocchia dei Santi Cosma e Damiano, che ospita alcune sue opere: i bassorilievi in ceramica sul fonte battesimale, il Trittico in ceramica colorata (altare di destra), il Crocefisso in bronzo, il porta candele sull’altare e le balaustre laterali in bronzo, la scala a chiocciola che conduce alla cantoria.  «Mia madre aveva una grande fede – ha ricordato la figlia Adriana Zucconi – e ha realizzato tante opere di arte sacra che sono ospitate in molte chiese italiane. In particolare era molto legata alla Parrocchia dei Santi Cosma e Damiano e al parroco don Vincenzo, tant’è che si sposò nell’altare laterale, davanti al Trittico, la sua opera in ceramica colorata».

Figlia di Ubaldo Fiorenzi, Giovanna studiò scultura all’Accademia di belle arti di Roma e fu allieva di Pericle Fazzini che presentò la sua prima mostra personale a Roma, nel 1957. Iniziò la sua attività artistica all’età di vent’anni e nel corso della sua carriera vinse numerosi concorsi nazionali per opere pubbliche scultoree realizzate con materiali diversi, ceramica, gesso, bronzo, marmo, cemento, ferro battuto. I suoi lavori di arte sacra sono ospitati in molte chiese italiane e molti suoi ritratti, collage, sculture fanno parte di collezioni private. Accanto ad opere pubbliche, come il pannello in cotto sul muro esterno del Palazzo della Legione della Guardia di Finanza o i due bassorilievi in marmo nell’atrio del Provveditorato alle Opere Pubbliche ad Ancona, Giò Fiorenzi si dedicò infatti all’arte sacra. Sempre ad Ancona, ad esempio realizzò i bassorilievi in cotto nella cripta della Chiesa del Sacramento e “Madonna con angeli”, bassorilievo in ceramica nell’abside e formelle con vita di San Giuseppe e della Beata Beata Rosa Venerini, nella chiesa della Scuola Pie Venerini di via Matteotti.

«La fede di Giò Fiorenzi ha ispirato le sue opere di arte sacra – ha spiegato lo storico dell’arte Claudio Paolinelli – basta vedere il Crocifisso bronzeo e i bassorilievi sul fonte battesimale che, sicuramente, ha realizzato dopo aver studiato i testi sacri. Ha saputo sposare la tecnica ceramica con la fede, come ci mostra anche il Trittico del Sacro Cuore, con il Cristo affiancato da Santa Teresa e da San Giuseppe. La particolarità è che l’artista ci mostra la potenza del cuore di Gesù, senza rappresentarlo. Le figure appaiono inondate di luce e, anche se il cuore non è rappresentato, tutto porta al centro, alla figura di Cristo». Durante l’incontro la professoressa di storia dell’arte Teresa Esposito ha invece parlato della presenza delle ceramiche ad Ancona, a partire «dall’altorilievo in maiolica presente al Museo diocesano di Ancona, importante testimonianza ascrivibile tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, così come i sette bacini ceramici della Chiesa di Santa Maria della Piazza, ascrivibili alla seconda metà del Seicento, e la lunetta che si trova nella chiesa di San Francesco di Assisi».

La conclusione è stata affidata a Mons. Angelo Spina, Arcivescovo Metropolita di Ancona-Osimo, che ha domandato ai presenti: «Da dove nasce la bellezza delle opere ospitate in una chiesa? Dalla fede. Questa sera ricordiamo Giovanna Fiorenzi e i suoi lavori ci mostrano come la fede ispira l’arte e l’arte esprime la fede. In questo tempo di pandemia di cosa abbiamo bisogno? Di tante cose, ma soprattutto di elevarci, altrimenti rimaniamo schiacciati, e l’arte può aiutarci in questo perché crea ed esprime la bellezza». L’Arcivescovo ha sottolineato che «nella creazione artistica possiamo riconoscere tre movimenti. Un primo movimento è quello dei sensi, che sono colti da stupore e da meraviglia, ad esempio quando ascoltiamo una poesia o vediamo un’opera d’arte. Il secondo movimento tocca l’interiorità della persona. Una composizione di colori o di parole o di suoni ha la forza di toccare l’animo umano. Si risvegliano memorie, immagini, sentimenti, emozioni. Ma c’è anche un terzo aspetto: la contemplazione della bellezza genera un senso di speranza e di gioia. Questo triplice movimento di meraviglia, di scoperta personale e di condivisione produce un senso di pace, la quale come testimonia San Francesco, ci spinge a vivere in armonia con tutti. San Paolo VI definì gli artisti “innamorati della bellezza” e disse che il mondo “ha bisogno della bellezza per non sprofondare nella disperazione”. Oggi queste opere, con la loro bellezza, ci parlano e ci invitano ad avere speranza e a vivere in pace. La bellezza salverà il mondo». Al termine dell’incontro, l’Arcivescovo ha presieduto la Santa Messa di suffragio in ricordo dell’artista, con la partecipazione della Cappella Musicale San Ciriaco.

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