Alla sera del Venerdì Santo sembrava volesse piovere ma poi il tempo si è fatto più clemente ed è stato possibile fare la processione del Cristo morto. All’imbrunire, spenti i lampioni e le insegne dei negozi, con le sole fiaccole accese, è iniziata la tradizionale processione che ha visto partecipare migliaia di persone assiepate lungo le strade e le piazze della città di Osimo. Circa 250 confratelli della Pia Unione del Cristo Morto, con tanti giovani presenti, coperti dai caratteristici “sacconi”, vesti e cappucci neri, hanno accompagnato in corteo per le vie della città, il cataletto ottocentesco al suono della “battistangola”. Un cammino can il passo lento fatto di silenzi, riflessioni e preghiera. Presente l’arcivescovo Angelo, il parroco don Josè, i sacerdoti e i religiosi della città. Al rientro nella concattedrale, prima della benedizione con la reliquia della Sacra Spina, l’arcivescovo ha invitato alla preghiera e rivolto ai presenti la riflessione che segue.
“Carissimi fratelli e sorelle la processione del Cristo morto, promossa dalla parrocchia della Santissima Trinità in collaborazione con la Pia Unione del Cristo Morto l’abbiamo vissuta nel silenzio, nel raccoglimento e con la preghiera, ci ha fatto attraversare le vie della bella città di Osimo. Abbiamo camminato seguendo il Signore Gesù. I tempi che stiamo vivendo sono oscuri, segnati dalle violenze, dalle guerre, dalle tante ingiustizie. Le guerre divorano i corpi, le ideologie soffocano i pensieri, il razzismo avvelena i legami, l’ipocrisia sgretola ogni valore. Le ingiustizie creano disuguaglianze. In questo tempo in cui tanti sono i crocifissi della storia, noi guardiamo a Gesù trafitto sulla croce. Cristo non è venuto a sopprimere la sofferenza: non è venuto nemmeno a spiegarla, è venuto a riempirla con la sua presenza. Quando era tra noi, Gesù ha camminato. Ha camminato curando i malati, assistendo i poveri, facendo giustizia; ha camminato predicando, insegnando. Gesù cammina. Ma il cammino che più tocca il nostro cuore è il cammino del Calvario, la via della Croce. Nel cammino della Croce Gesù è vicino a ciascuno di noi, piange con noi. Tutti noi nella vita abbiamo pianto e piangiamo ancora. E Gesù è con noi. Piange con noi perché ci accompagna nel buio che ci porta alle lacrime. Gesù, con la sua tenerezza, asciuga le nostre lacrime nascoste. Gesù spera di riempire, con la sua vicinanza, la nostra solitudine. Come sono tristi i momenti di solitudine! Lui è lì, Lui vuole colmare questa solitudine. Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione. E Lui spera di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: amare è rischioso. Bisogna correre il rischio di amare. È un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui ci accompagna in questo. Sempre ci accompagna. Sempre cammina. Sempre, durante la vita, sta insieme a noi. Quante false speranze ci vengono proposte nel nostro tempo, soprattutto nel mondo giovanile. Viviamo in un mondo di specchi dove tutto ciò che conta è il nostro aspetto, la nostra immagine. Selfie dopo selfie. La tirannia del corpo giusto e del sorriso perfetto. Foto di noi sui social media in pose accuratamente studiate. Post artificiali in attesa di like. Purtroppo, come spesso costatiamo, le speranze terrene illudono e deludono. Noi simo qui perché crediamo che è proprio nel Crocifisso la nostra speranza. Le speranze terrene crollano davanti alla croce, ma rinascono speranze nuove, quelle che durano per sempre. È una speranza diversa quella che nasce dalla croce. È una speranza diversa da quelle che crollano, da quelle del mondo. Ma quale speranza nasce dalla croce? Ci può aiutare a capirlo quello che dice Gesù proprio dopo essere entrato in Gerusalemme: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Proviamo a pensare a un chicco o a un piccolo seme, che cade nel terreno. Se rimane chiuso in sé stesso, non succede nulla; se invece si spezza, si apre, allora dà vita a una spiga, a un germoglio, poi a una pianta e la pianta darà frutto. Gesù ha portato nel mondo una speranza nuova e lo ha fatto alla maniera del seme: si è fatto piccolo piccolo, come un chicco di grano; ha lasciato la sua gloria celeste per venire tra noi: è “caduto in terra”. Ma non bastava ancora. Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte, come un seme si lascia spezzare sotto terra. Proprio lì, nel punto estremo del suo abbassamento – che è anche il punto più alto dell’amore – è germogliata la speranza. Se qualcuno di voi domanda: “Come nasce la speranza”? Dalla croce. Guarda la croce, guarda il Cristo Crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna. E questa speranza è germogliata proprio per la forza dell’amore: perché è l’amore «tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,7), l’amore che è la vita di Dio ha rinnovato tutto ciò che ha raggiunto. Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia. Ecco perché lì, sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria, ogni delusione in speranza.
La speranza supera tutto, perché nasce dall’amore di Gesù che si è fatto come il chicco di grano in terra ed è morto per dare vita e da quella vita piena di amore viene la speranza. In realtà la logica del seme che muore, dell’amore umile, è la via di Dio, e solo questa dà frutto.
Lo vediamo anche in noi: possedere spinge sempre a volere qualcos’altro: ho ottenuto una cosa per me e subito ne voglio un’altra più grande, e così via, e non sono mai soddisfatto. È una brutta sete quella! Quanto più hai, più vuoi. Chi è vorace non è mai sazio. E Gesù lo dice in modo netto: «Chi ama la propria vita la perde» (Gv 12,25). Tu sei vorace, cerchi di avere tante cose ma … perderai tutto, anche la tua vita, cioè: chi ama il proprio e vive per i suoi interessi si gonfia solo di sé e perde.
Chi invece accetta, è disponibile e serve, vive al modo di Dio: allora è vincente, salva sé stesso e gli altri; diventa seme di speranza per il mondo. E’ bello aiutare gli altri, servire gli altri è così che il cuore si riempie di gioia e di speranza. Questo è amore e speranza insieme: servire e dare. A tutti ci farà bene fermarci davanti al Crocifisso, guardarlo e dirgli: “Con Te niente è perduto. Con Te posso sempre sperare. Tu sei la mia speranza”. Tutti insieme diciamo a Gesù Crocifisso per tre volte: “Tu sei la mia speranza”. Tutti: “Tu sei la mia speranza”. “Tu sei la mia speranza”. Grazie. Guardiamo a Lui e camminiamo con speranza, perché la speranza non delude”.