Nella solennità di San Ciriaco, patrono di Ancona e dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, Mons. Angelo Spina ha presieduto questa mattina, alle ore 10.30, la celebrazione eucaristica nella Cattedrale, trasmessa in diretta su èTV Marche. Come di consueto, prima della Santa Messa, il Sindaco Daniele Silvetti ha offerto l’omaggio floreale a San Ciriaco, dopodiché Mons. Angelo Spina ha presieduto la Santa Messa, a cui hanno partecipato le autorità civili e militari. Al termine della celebrazione, sul sagrato della Cattedrale, l’Arcivescovo ha elevato una preghiera a San Ciriaco e ha impartito la benedizione con il reliquiario, contenente un frammento della croce di Cristo e la reliquia del santo.
Omelia festa San Ciriaco – Cattedrale San Ciriaco – 4 maggio 2025
Croce ritrovata, abbracciata, testimoniata
In questo Anno Giubilare siamo tutti pellegrini di speranza, perché la speranza non delude. Oggi la nostra Chiesa locale guarda a San Ciriaco, colui che ci indica la via di come essere cristiani. Ci invita a ritrovare la croce, ad abbracciarla, a testimoniarla. Tre momenti significativi. Nel cammino della Croce, Gesù è vicino a ciascuno di noi, piange con noi. Tutti noi nella vita abbiamo pianto e piangiamo ancora. E Gesù è con noi. Piange con noi perché ci accompagna nel buio che ci porta alle lacrime. Gesù, con la sua tenerezza, asciuga le nostre lacrime nascoste. Gesù spera di riempire, con la sua vicinanza, la nostra solitudine. Come sono tristi i momenti di solitudine! Lui è lì, Lui vuole colmare questa solitudine. Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione. E Lui spera di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: amare è rischioso. Bisogna correre il rischio di amare. È un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui ci accompagna in questo. Sempre ci accompagna. Sempre cammina. Sempre, durante la vita, sta insieme a noi.
Quante false speranze ci vengono proposte nel nostro tempo, soprattutto nel mondo giovanile. Viviamo in un mondo di specchi dove tutto ciò che conta è il nostro apparire, il nostro aspetto, la nostra immagine. Selfie dopo selfie. La tirannia del corpo giusto e del sorriso perfetto. Foto di noi sui social media in pose accuratamente studiate. Post artificiali in attesa di like. Purtroppo, come spesso costatiamo, le speranze terrene illudono e deludono.
Noi siamo qui perché crediamo che è proprio nel Crocifisso la nostra speranza. È una speranza diversa quella che nasce dalla croce. È una speranza diversa da quelle che crollano, da quelle del mondo. Ma quale speranza nasce dalla croce? Ci può aiutare a capirlo quello che dice Gesù: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Proviamo a pensare a un chicco o a un piccolo seme, che cade nel terreno. Se rimane chiuso in sé stesso, non succede nulla; se invece si spezza, si apre, allora dà vita a una spiga, a un germoglio, poi a una pianta e la pianta darà frutto. Gesù ha portato nel mondo una speranza nuova e lo ha fatto alla maniera del seme: si è fatto piccolo piccolo, come un chicco di grano; ha lasciato la sua gloria celeste per venire tra noi: è “caduto in terra”. Ma non bastava ancora. Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte, come un seme si lascia spezzare sotto terra. Proprio lì, nel punto estremo del suo abbassamento è germogliata la speranza. Se qualcuno di voi domanda: “Come nasce la speranza”? Dalla croce. Guarda la croce, guarda il Cristo Crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna. E questa speranza è germogliata proprio per la forza dell’amore. Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia. Ecco perché lì, sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria, ogni delusione in speranza.
Quali esperienze siamo portati a fare? Lo costatiamo ogni giorno: possedere spinge sempre a volere qualcos’altro: hai ottenuto una cosa per te e subito ne vuoi un’altra più grande, e così via, e non si è mai soddisfatti. È una brutta sete quella! Quanto più hai, più vuoi. Chi è vorace non è mai sazio. E Gesù lo dice in modo netto: «Chi ama la propria vita la perde» (Gv 12,25). Tu sei vorace, cerchi di avere tante cose ma … perderai tutto, anche la tua vita, cioè: chi ama il proprio e vive per i suoi interessi si gonfia solo di sé e si perde.
Chi invece si rende disponibile, si mette a servizio degli altri, vive al modo di Dio, è vincente, salva sé stesso e gli altri; diventa seme di speranza per il mondo. È bello aiutare gli altri, servire gli altri, è così che il cuore si riempie di gioia e di speranza. A tutti ci farà bene fermarci davanti al Crocifisso, guardarlo e dirgli: “Con Te niente è perduto. Con Te posso sempre sperare. Tu sei la mia speranza”. Guardiamo a Lui e camminiamo con speranza, perché la speranza non delude.
Guardando alla croce di Gesù, oggi purtroppo vediamo i tanti crocifissi nella storia, uomini e donne a causa di violenze, di guerre, di ingiustizie. Penso ai giovani. A volte il dolore di alcuni giovani è lacerante, è un dolore che non si può esprimere a parole, è un dolore che ci colpisce come uno schiaffo. Il non sentirsi capiti, la mancanza di relazioni vere e sane, il vuoto educativo. Che cos’è la speranza per loro? Quali sogni nel cassetto portano dentro di sé? Cosa blocca i sogni, le attese, le speranze dei giovani d’oggi? Chi sta rubando la speranza, sia dal punto di vista affettivo che sociale, ai giovani d’oggi? Quanti interrogativi. La situazione che stiamo vivendo certamente non è delle migliori. Le sfide sono tante: la dignità del lavoro, la famiglia, l’istruzione, l’impegno civico, la cura del creato e le nuove tecnologie che creano relazioni on line a volte disumane. Gli spazi digitali che rendono ciechi alla fragilità dell’altro e impediscono l’introspezione. L’immersione nel mondo virtuale favorisce una sorta di “migrazione digitale”, vale a dire un distanziamento dalla famiglia, dai valori culturali e religiosi che conduce molti giovani verso un mondo di solitudine e di auto-invenzione, fino a sperimentare la mancanza di radici.
La nostra Chiesa locale da anni si sta interrogando su questi temi. Non possiamo deludere i giovani, sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire. È bello vederli sprigionare energie, ad esempio quando si rimboccano le maniche e si impegnano volontariamente nelle situazioni di calamità e di disagio sociale. Ma è triste vedere giovani privi di speranza, quando un venti per cento non studia e non lavora; d’altronde, quando il futuro è incerto e impermeabile ai sogni, quando lo studio non offre sbocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri, è inevitabile che il presente sia vissuto nella malinconia e nella noia. L’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti di violenza nei confronti degli altri e di sé stessi. Per questo il Giubileo sia nella Chiesa occasione di slancio nei loro confronti: con una rinnovata passione prendiamoci cura dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni! Vicinanza ai giovani, gioia e speranza della Chiesa e del mondo! Questo ci ha ricordato il compianto Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo. Tutti siamo chiamati a prenderci cura delle nuove generazioni: famiglia, scuola, istituzioni, tutti.
Invito ancora una volta la Chiesa locale di Ancona-Osimo a spendere sempre più energie a favore dei giovani. Speriamo che possano venire inaugurati in questo anno giubilare 2025: il Centro Pastorale alle Palombare ad Ancona, l’Oratorio della parrocchia del Sacro Cuore in via Maratta e la “Casa Nazaret” in via Astagno ad Ancona, centro di pastorale giovanile e vocazionale, luogo di incontro dei giovani per favorire la loro crescita umana e spirituale, per il discernimento vocazionale, per la formazione permanente, per l’accompagnamento nel cammino della vita, per aiutarli nei momenti bui e di disagio con supporti spirituali e percorsi psicologici.
San Ciriaco ci aiuti, lui che ci fa capire con la sua testimonianza che prendere la croce di Cristo è abbracciare il giogo dell’amore. Sostituiamo la parola croce con amore. Ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, dice Gesù, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace, e mi segua. Ciascuno con l’amore addosso, che però ha il suo prezzo: “Là dove metti il tuo cuore, là troverai anche le tue spine e le tue ferite”. L’esito finale è “trovare vita”. Quella cosa che tutti gli uomini cercano, in tutti gli angoli della terra, in tutti i giorni che è dato loro di gustare: la fioritura della vita. Perdere per trovare. È la fisica dell’amore: se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato. Oggi siamo raccolti in questa Cattedrale di San Ciriaco per ricevere ancora una volta la consegna della croce che abbraccia cielo e terra, nord e sud, est e ovest, tutti. Essa è profezia, e in tempi di paura come i nostri, abbiamo bisogno di profezia che ci porta avanti nella speranza. Essa è la nostra unica speranza. Essa ci viene consegnata nelle mani perché porti linfa nuova per costruire anche oggi quella civiltà dell’amore che San Ciriaco ha testimoniato. Noi siamo chiamati a edificare questa nostra città, non più con le pietre ma con le persone, con uomini e donne che sanno raccogliersi e unirsi per edificare un futuro migliore per sé e per tutti. San Ciriaco ci protegga e ci benedica. Amen.
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