Gmg diocesana con i giovani del Sermig di Torino

«Cosa posso fare per migliorare il mondo in cui vivo?». È questa la domanda che i giovani del Sermig di Torino hanno lanciato ai ragazzi presenti domenica 23 novembre, nella parrocchia di Tavernelle, per la GMG diocesana. Una domanda che ha risuonato nei loro cuori dopo la testimonianza di Mauro, Maria e Nicol, i quali hanno ricordato che il mondo si può cambiare e che, come amano ripetere al Sermig, «basterebbe un pugno di giovani buoni per rivoluzionare la Chiesa e il mondo».

I volontari hanno condiviso storie nate nelle strade, negli spazi dell’Arsenale della Pace, nel rapporto quotidiano con chi vive fragilità, solitudini, fatiche. Parole che hanno fatto emergere un messaggio chiaro: il bene non è un’idea lontana, ma un gesto possibile qui e ora. Come ha ricordato anche Papa Leone nel suo messaggio per la XL Giornata Mondiale della Gioventù, invitando i giovani a coltivare l’amicizia con Gesù e ad essere artigiani di pace nel mondo.

Il tema della Gmg “Anche voi date testimonianza, perché siete con me (Gv 15,27) ha accompagnato l’intera giornata, risuonando nelle parole, negli incontri e nei gesti condivisi. Durante la Santa Messa, animata dai ragazzi della Pastorale giovanile diocesana, Mons. Angelo Spina ha infatti invitato i giovani a testimoniare l’amore di Gesù. «Oggi è la solennità di Cristo Re – ha detto l’Arcivescovo – e il trono di Gesù è la croce. Gesù è re perché ama, perdona, dona la sua vita per noi e risorge dalla morte. Lui ci dona il suo amore e ci invita a donarlo agli altri». Ha quindi ricordato i due aspetti della testimonianza, indicati dal Santo Padre: l’amicizia con Gesù e l’impegno ad essere costruttori di pace. «La testimonianza cristiana nasce dall’amicizia con il Signore – ha aggiunto – è frutto della relazione di fede e di amore con Gesù, nel quale troviamo la salvezza della nostra vita. Ognuno di voi è un “discepolo amato”, e da questo amore nasce la gioia della testimonianza. Ascoltiamo la voce di Dio in noi e vinciamo il nostro egoismo, diventando operosi artigiani di pace. Allora quella pace, che è dono del Signore Risorto, si renderà visibile nel mondo tramite la comune testimonianza di chi porta nel cuore il suo Spirito».

Nel suo messaggio ai giovani, Papa Leone ha anche parlato della fraternità come legame di pace: «Dall’amicizia con Cristo, che è dono dello Spirito Santo in noi, nasce un modo di vivere che porta in sé il carattere della fraternità. Un giovane che ha incontrato Cristo porta ovunque il “calore” e il “sapore” della fraternità, e chiunque entra in contatto con lui o con lei è attratto in una dimensione nuova e profonda, fatta di vicinanza disinteressata, di compassione sincera e di tenerezza fedele. Lo Spirito Santo ci fa vedere il prossimo con occhi nuovi: nell’altro c’è un fratello, una sorella». Proprio questo è stato il cuore della testimonianza dei volontari del Sermig, che, attraverso video e immagini, hanno ripercorso la storia del Servizio Missionario Giovani e raccontato come stanno accanto agli altri, con gesti concreti di solidarietà e attenzione verso chi vive situazioni di fragilità. Hanno mostrato che la fraternità si costruisce giorno per giorno, nei gesti di ascolto, nella disponibilità verso gli altri e nella cura delle relazioni.

Mauro, uno dei primi volontari del Sermig, che ha conosciuto il fondatore Ernesto Olivero quando era ancora un bambino, ha raccontato la storia del Sermig, fondato nel 1964 da Ernesto insieme alla moglie Maria e a un gruppo di giovani decisi a sconfiggere la fame con opere di giustizia e vivendo la solidarietà verso i più poveri. Nel 1983 il Sermig entra per la prima volta nei ruderi dell’ex Arsenale Militare della città e, grazie al lavoro e al contributo gratuito di migliaia di persone, la fabbrica di armi viene trasformata in una casa a servizio della pace. Là dove sono state forgiate buona parte delle armi utilizzate nelle due guerre mondiali, è sorto un “laboratorio” di convivenza, di dialogo, di formazione dei giovani, di accoglienza dei più disagiati, un monastero metropolitano, aperto 24 ore su 24. «Abbiamo imparato che la vera felicità è rendere felici gli altri – ha detto Mauro – ai poveri non si possono dare i nostri scarti. Hanno diritto alla loro dignità».

Maria, originaria di Macerata, da alcuni anni vive nella Fraternità del Sermig. Negli anni ’80, all’interno del Sermig, è nata infatti la Fraternità della Speranza, ispirata alle prime comunità cristiane, formata da giovani e adulti, singoli e sposati, monaci e monache, sacerdoti che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri, alla formazione dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza. «È bello vivere insieme agli altri – ha detto – restituire ciò che Dio mi ha donato mettendomi al servizio. La fraternità è per me una famiglia. Con lo sguardo fisso su Gesù, camminiamo insieme come fratelli e sorelle». Maria ha anche raccontato che attualmente vive nell’Arsenale dell’Armonia, che accoglie bambini oncologici in cura presso gli ospedali torinesi. «La fraternità con persone di culture diverse ci fa sperimentare come la diversità sia una ricchezza. Ogni giorno scopriamo tante cose in comune».

Nicol ha quindi parlato dell’Arsenale della piazza, «un progetto educativo rivolto a bambini e ragazzi di 25 nazionalità del multietnico quartiere di Porta Palazzo. In un territorio con un alto alto numero di nuclei familiari con difficoltà economiche, abitative e sociali, è uno spazio di dialogo dove tutti parlano italiano, dove bambini e ragazzi con culture e religioni diverse si incontrano ogni giorno, imparando a rispettarsi e a volersi bene». Centrale per il Sermig è anche il metodo della restituzione che significa condividere tempo, competenze, cultura, beni materiali e spirituali con i più poveri, convinti che ciò che si è ricevuto va restituito per costruire una società più giusta. Durante l’offertorio, quindi, i giovani si sono passati un sacchetto di iuta di mano in mano. In silenzio, ognuno ha pensato a un seme di pace e di bene da poter donare agli altri e ha inserito nel sacchetto una piccola offerta, che sarà devoluta a realtà che vivono la guerra in Medio Oriente.

Al termine della testimonianza, Mauro, Maria e Nicol hanno invitato i giovani presenti a chiedersi: «Cosa posso fare io per migliorare il mondo? Come posso fare qui, dove vivo, la mia parte per non essere indifferente e aiutare chi ha bisogno?». Domande semplici e dirette, che hanno spinto i ragazzi a fermarsi un momento e a guardare alla propria vita concreta: la scuola, l’oratorio, le amicizie, la famiglia. È lì che può nascere il bene, attraverso scelte semplici ma autentiche: ascoltare, sostenere, avvicinarsi a chi si sente solo.

Mons. Angelo Spina ha quindi ringraziato i volontari del Sermig, Fabiola e Tiziana (direttrice e vicedirettrice della Pastorale giovanile diocesana), don Jacopo, don David, Pietro, la Consulta della PG e l’Ufficio missionario diocesano, per il bellissimo incontro e ha ricordato la sua visita all’Arsenale della pace a Torino e la scritta sul muro “La bontà è disarmante”. «La bontà è l’unica chiave per dialogare con l’uomo – ha aggiunto l’Arcivescovo – e disarmare i cuori più duri. Coltiviamo la bontà, per una pace disarmata e disarmante, come ha detto Papa Leone». I giovani del Sermig hanno poi donato alla diocesi un’icona della Madonna che sarà collocata presso Casa Nazareth, centro di pastorale giovanile e vocazionale della diocesi. Infine, tutti insieme, hanno pregato la Madonna, recitando la preghiera a Maria, madre dei giovani, scritta da Ernesto Olivero, affinché ogni ragazzo possa trovare il coraggio e la forza di essere strumento di pace e di bene nella propria comunità.

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