35° Convocazione regionale del RnS: “Camminiamo con il conforto dello Spirito Santo”

L'arcivescovo Angelo Spina celebra la messa alla 35esima Convocazione regionale del RnS

L’arcivescovo Angelo Spina celebra la messa alla 35esima Convocazione regionale del RnS

Migliaia di persone provenienti da tutte le Marche hanno partecipato, domenica 24 novembre al PalaPrometeo di Ancona, alla 35esima Convocazione regionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, approfondendo il tema “Camminiamo con il conforto dello Spirito Santo” (At 9,31). Alla giornata ha partecipato anche Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, che ha celebrato nel pomeriggio la santa messa della solennità di Cristo Re.

Nella mattinata, dopo l’accoglienza e la preghiera comunitaria, sono intervenuti Francesca Piersimoni, coordinatrice regionale RnS Marche; Rosanna Virgili (biblista e scrittrice) sul tema “La Chiesa si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero” (At 9,31); Rosario Sollazzo (membro del comitato nazionale di Servizio RnS) sul tema “Il conforto dello Spirito Santo ci fa andare avanti”. Dopo l’affidamento a Maria e la preghiera sulle persone elette per un servizio pastorale, nel pomeriggio ci sono stati un momento giocoso con i bambini e le famiglie, alcune testimonianze, l’esortazione di Carmela Romano (membro del comitato nazionale di Servizio RnS) sul tema “Il fondamento del Rinnovamento è adorare Dio”, il roveto ardente e la santa messa.

«Cari fratelli e sorelle – ha detto l’arcivescovo nell’omelia – la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo è l’ ultima domenica dell’Anno Liturgico. Un anno di grazia per tutti in cui abbiamo potuto rinvigorire la nostra fede per meglio testimoniarla.  La solennità di Cristo Re non ci porta in cima dove è posto un castello con la sala del trono, ma in cima al Calvario ad alzare lo sguardo fiducioso verso Gesù Crocifisso sulla croce, su cui c’è appesa una tavola con scritto il motivo della condanna. Sul campo agonizzante di Gesù si legge: “Costui è il Re dei Giudei”. L’evangelista Luca ci mostra lo spazio della regalità di Gesù che è la croce. Su quel legno il Crocifisso mostra a tutti che “Non c’è un amore più grande che dare la propria vita”. Lui è posto in alto spogliato di tutto e il popolo sta a vedere con un interrogativo: ma un uomo in quelle condizioni può essere considerato re? I capi invece lo deridono, lo prendono in giro: “Ha salvato gli altri salvi se stesso se è lui il Cristo di Dio, l’eletto”. Anche i soldati, gli uomini forti, chiedono a Gesù una dimostrazione di forza: “Salva te stesso, scendi dalla croce”. Anche un malfattore lo insulta: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi”.

Di fronte a tutto ciò Gesù deve scegliere quale volto di Dio incarnare: quello di un Messia di potere secondo le attese d’Israele, o quella di un re che sta in mezzo ai suoi come colui che serve; essere il Messia dei miracoli e della onnipotenza, o quello della mitezza, della tenerezza. Essere un re di potenza? In fondo i re di questa terra vogliono essere serviti, non servire. Vogliono avere e non donare. Vogliono imporre, parlare sopra gli altri e non ascoltare nessuno. Vogliono star bene, ma non sanno fare del bene agli altri. Vogliono avere ragione e non cambiare mai; comandare e non obbedire a nessuno. I re di questo mondo pretendono di essere amati, ma non amano. Sulla croce, accanto a Gesù, c’è un secondo crocifisso che sente le parole rivolte a Gesù dall’altro ladrone e lo rimprovera: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli non ha fatto nulla di male”. Che bella definizione dà di Gesù: “Lui non ha fatto nulla di male”. Niente di male, per nessuno, mai, solo il bene, esclusivamente il bene e lui è nella nostra stessa condizione come a dire: Dio è dentro il nostro patire, Dio è crocifisso in tutti gli infiniti crocifissi della storia, che Dio naviga in questo fiume di lacrime. Che entra nella morte perché là entra ogni suo figlio. Che mostra come il primo dovere di chi ama è essere insieme all’amato. Gesù perdona i crocifissori, non si preoccupa di sé ma di chi gli muore accanto. Il buon ladrone gli chiede una dimostrazione di bontà: “Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”, perché ha visto in Gesù colui che non ha fatto niente di male, è innocente, senza odio e senza violenza. Il ladrone chiede di entrare nel regno di Gesù. Ricordati di me, prega il morente. Sarai con me, risponde Gesù che ama. Ricordati di me, prega la paura. Sarai con me in un abbraccio, risponde il forte. Solo ricordati, e mi basta, prega la vita che si spegne. Con me, oggi, in un paradiso di luce, risponde Gesù, il datore della vita.

La salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso è il ladrone con una vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del cielo restano spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro compagno d’amore e di pena, qualunque sia il loro passato: è questa la buona notizia di Gesù Cristo. Gesù è il re che non chiede, Gesù dona. Gesù è il re che non spezza nessuno: spezza se stesso; non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue; non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi. Gesù è il re che non pretende l’amore ma viene a portare il suo. Questo è il nostro Dio, un Dio amante, un Dio ferito, un Dio che fa dell’amore donato l’unica misura, l’ultima ragione, la sola speranza. Nella preghiera del Padre nostro noi diciamo: venga il tuo Regno. Sì, il Signore regna in noi tutte le volte che accogliamo nella nostra vita la ricchezza del dono, di esempio e di redenzione che derivano dalla sua salita sulla “cattedra della croce”. La croce, formata da due legni, quello che va in alto ed indica la direzione verso Dio e quello orizzontale che indica il percorso per andare verso gli altri resta la grande cattedra di verità, di fronte alla quale restiamo sempre discepoli imperfetti ma perfettibili. Quando amiamo veramente Dio e il prossimo è allora che Cristo regna in noi. Amen!».

Al termine della santa messa, la coordinatrice regionale Francesca Piersimoni ha regalato all’arcivescovo un presepe realizzato da ex detenuti e lo ha ringraziato per la sua presenza. «Lo Spirito Santo è il nostro consolatore – ha detto Francesca Piersimoni – è l’amico perfetto e bisogna farne esperienza, perche Gesù è presente per mezzo dello Spirito. Camminare insieme con il conforto dello Spirito Santo ci aiuta e, come dice papa Francesco, ci porta in un cammino di santità e di salvezza, perché da soli non si va da nessuna parte. È importante testimoniare l’amore di Gesù che ha dato la vita per noi e questo è possibile se permettiamo allo Spirito Santo di operare in noi. Se lo lasciamo agire, tutta l’opera di Dio prende forma e noi, poveri e semplici strumenti, possiamo dare gloria a Lui».

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