L’Arcivescovo festeggia San Francesco di Sales con i giornalisti del Corriere Adriatico

Nella memoria liturgica di San Francesco di Sales (24 gennaio), patrono dei giornalisti, Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, ha visitato la redazione del Corriere Adriatico in via Berti, accompagnato dal direttore di Presenza Marino Cesaroni. Quest’anno ricorrono i 160 anni dalla nascita del Corriere Adriatico, il secondo giornale più antico d’Italia, e il direttore Giancarlo Laurenzi ha invitato l’Arcivescovo a partecipare ad ottobre ad un evento che sarà organizzato per festeggiare l’anniversario. Dopo i saluti iniziali, Mons. Angelo Spina ha fatto una riflessione sulla figura del santo e sulla comunicazione.

 

Di seguito la relazione integrale dell’Arcivescovo Angelo Spina

Cari amici, giornalisti e operatori dei “media”, la memoria liturgica di san Francesco di Sales, Vostro celeste patrono, è l’occasione per rivolgermi a Voi con rispetto e amicizia, esprimendoVi la vicinanza con la mia preghiera. Grazie per la Vostra presenza, un grazie sentito al Direttore del Corriere Adriatico che ci ospita nella sede del suo giornale.

Francesco di Sales (1567-1622) fu inviato nella regione del Chiablese, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, prediligendo il metodo del dialogo. A mezzi classici come la predicazione e la disputa teologica egli ne aveva escogitato uno, davvero particolare, quello della pubblicazione di fogli volanti (i cosiddetti manifesti) che, pensati come mezzo di catechesi e informazione religiosa, potevano raggiungere tutti attraverso l’affissione murale o la consegna ai singoli usci. A toni polemici e atteggiamenti severi, Francesco preferì inoltre il metodo del dialogo e della dolcezza, seguendo la massima: «Se sbaglio, voglio farlo per troppa bontà piuttosto che per troppo rigore».

Oggi viviamo in un mondo dove tutto è connesso: possiamo essere distanti fisicamente ma ormai i mezzi a nostra disposizione ci permettono di raggiungere persone, luoghi e cose grazie alla tecnologia. Quello che Marshall McLuhan aveva previsto “il villaggio globale” già dal 1964, non è più una idea, una intuizione, ma una realtà. Oggi imperversano con i social le cosiddette community, le reti. Ma ci rendiamo sempre più conto che è necessario passare dalle community alla comunità, perché la parola comunicare, come ben sappiamo significa creare comunione. Cum = con, e munire = legare, costruire: ci aiuta il latino a comprendere a fondo il significato e l’importanza del termine: comunico = mettere in comune, far partecipe, creare comunione. Ci chiediamo: come creare comunione, comunità nel nostro tempo in cui si preferisce la modalità della comunicazione della polarizzazione, vale a dire mettere l’uno contro l’altro e vengono fatte circolare ad alta velocità le fake news?

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlando alla redazione romana dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana), nel 60° dalla sua fondazione, venerdì 3 gennaio 2020, ha detto: «Al tempo della diffusa disinformazione sul web potremmo dire che accresciuta è la responsabilità che ricade sugli operatori professionali dell’informazione», ai quali sono consegnate due parole chiave: responsabilità e verità, come «elementi connaturati a un esercizio corretto della professione giornalistica», consapevoli di come «l’informazione costituisca elemento basilare di una società libera e democratica». La missione autentica del giornalismo, osserva Mattarella, è «servire la verità sconfiggendo la menzogna», nello spirito dell’art. 21 della Costituzione che «esalta, insieme, libertà della stampa e diritto dei cittadini». Questo richiede «onestà intellettuale e senso di responsabilità nei confronti della comunità» e ricorda che «la professione giornalistica, eticamente intesa, non richiede al professionista di dismettere la propria cultura e sensibilità, ma di restituire, con il proprio lavoro, un’informazione incondizionata e non omissiva anche di aspetti che possono contrastare con una personale visione del mondo».

A queste parole fanno eco quelle di Papa Francesco che sempre all’Ucsi ha detto: «Vi esorto ad essere voce della coscienza di un giornalismo capace di distinguere il bene dal male, le scelte umane da quelle disumane. Perché oggi c’è una mescolanza che non si distingue, e voi dovete aiutare in questo. Il giornalista – che è il cronista della storia – è chiamato a ricostruire la memoria dei fatti, a lavorare per la coesione sociale, a dire la verità ad ogni costo: c’è anche una parresia – cioè un coraggio – del giornalista, sempre rispettosa, mai arrogante. Questo significa anche essere liberi di fronte all’audience: parlare con lo stile evangelico: “sì, sì”, “no, no”, perché il di più viene dal maligno (cfr Mt 5,37). La comunicazione ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote. E in questo avete una grande responsabilità: le vostre parole raccontano il mondo e lo modellano, i vostri racconti possono generare spazi di libertà o di schiavitù, di responsabilità o di dipendenza dal potere. Nell’era del web il compito del giornalista è identificare le fonti credibili, contestualizzarle, interpretarle e gerarchizzarle. Porto spesso questo esempio: una persona muore assiderata per la strada, e non fa notizia; la Borsa ribassa di due punti, e tutte le agenzie ne parlano (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53). Qualcosa non funziona. Non abbiate paura di rovesciare l’ordine delle notizie, per dar voce a chi non ce l’ha; di raccontare le “buone notizie” che generano amicizia sociale: non di raccontare favole, ma buone notizie reali; di costruire comunità di pensiero e di vita capaci di leggere i segni dei tempi.

Il 12 giugno 2010 la Chiesa ha proclamato Beato il primo giornalista laico, Manuel Lozano Garrido, più conosciuto come Lolo; egli visse ai tempi della guerra civile spagnola, quando essere cristiani significava rischiare la vita. Nonostante la malattia che lo costrinse a vivere ventotto anni sulla sedia a rotelle, non cessò di amare la sua professione. Nel suo “decalogo del giornalista” raccomanda di “pagare con la moneta della franchezza”, di “lavorare il pane dell’informazione pulita con il sale dello stile e il lievito dell’eternità” e di non servire “né pasticceria né piatti piccanti, piuttosto il buon boccone della vita pulita e speranzosa”. Davvero un bell’esempio da seguire!

Nel Messaggio per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia, papa Francesco sottolinea come sia particolarmente prezioso, nella comunicazione, il patrimonio della memoria. Tante volte il Papa ha sottolineato che non c’è futuro senza radicamento nella storia vissuta. E ci ha aiutato a comprendere che la memoria non va considerata come un “corpo statico”, ma piuttosto una “realtà dinamica”. Attraverso la memoria avviene la consegna di storie, speranze, sogni ed esperienze da una generazione ad un’altra. Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci ricorda inoltre che ogni racconto nasce dalla vita, dall’incontro con l’altro. La comunicazione è chiamata dunque a mettere in connessione, attraverso il racconto, la memoria con la vita.

Gesù faceva ricorso alle parabole per comunicare la forza vitale del Regno di Dio, lasciando agli ascoltatori la libertà di accogliere questi racconti e riferirli anche a se stessi. La forza di una storia si esprime nella capacità di generare un cambiamento. Un racconto esemplare ha una forza trasformativa. Ancora una volta, al centro della riflessione, il Pontefice pone la persona con le sue relazioni e la sua innata capacità di comunicare. Il Papa chiede a tutti, nessuno escluso, di far fruttare questo talento: fare della comunicazione uno strumento per costruire ponti, per unire e per condividere la bellezza dell’essere fratelli in un tempo segnato da contrasti e divisioni.

Cari amici giornalisti, grazie per quello che fate, siate strumenti di comunione, assicuro la mia preghiera e benedico. San Francesco di Sales vi custodisca e vi protegga affinché il vostro lavoro sia fecondo. Grazie a tutti e auguri per la vostra festa.

 

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24.01.2020:«Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2). La vita si fa storia.

 

Fotogallery