Messa del Mercoledì delle ceneri, presieduta dall’Arcivescovo: «Quaresima, tempo di cambiamento»

Vivere la Quaresima come «tempo di cambiamento e di carità, riscoprendo il silenzio interiore, la forza della preghiera e la penitenza che aiuta a ritrovare il primato dello spirito». Questo l’invito di Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, che oggi pomeriggio ha presieduto la Santa Messa del mercoledì delle ceneri nella Cattedrale di San Ciriaco. Anche questa Quaresima sarà segnata dalla pandemia e il rito dell’imposizione delle ceneri è stato adeguato alle misure anti-Covid. Seguendo le indicazioni della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, l’Arcivescovo ha benedetto le ceneri e ha recitato una volta sola per tutti la formula come nel Messale Romano: «Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai. Convertitevi e credete al Vangelo». Poi Mons. Angelo Spina e don Giuliano Nava, rettore del duomo, si sono avvicinati ai fedeli e hanno lasciato cadere le ceneri sul capo di ciascuno.

Di seguito l’omelia dell’Arcivescovo Angelo Spina

«Nelle ansie e nelle paure del nostro tempo torna la Quaresima, tempo per rinnovare la nostra fede attingendo “l’acqua viva” della speranza del Signore Gesù che umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce (cf Fil 2,8). Torna l’accorato invito di Dio a togliere dal nostro cuore i macigni che pesano e che impediscono una vita nuova.  Uno dei più grandi è il nostro orgoglio che impedisce a Dio di prendere dimora nella nostra vita. Il silenzio interiore, la forza della preghiera, la penitenza che aiuta a ritrovare il primato dello spirito, la carità operosa, tornino a fiorire, portando profumo, come nuova primavera in ciascuno di noi.

Un primo grande passo da fare è quello della carità, intesa non come semplice elemosina da dare, ma nel suo significato più alto. Gesù non ci ha dato un consiglio, ma un comandamento: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv15,12). San Paolo aggiunge: «Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non l’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge». (Rm 13,8), e nella lettera ai Corinti insiste ancora di più: «Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13,2).

Senza la carità davanti a Dio siamo zero assoluto. La carità ha mille espressioni. Carità è il saluto gentile che ci dobbiamo scambiare quando ci incontriamo e non costa niente, eppure fa tanto bene. Carità è mettere una parola buona al momento opportuno e tutti lo possiamo fare. Carità è smorzare le tensioni, chi fa questo è un vero pompiere che spegne il fuoco più pericoloso: il fuoco delle rivalità. Carità è mettere in buona luce gli altri, guardando il positivo più che il negativo. Carità è rifiutare ogni maldicenza. Carità è rifiutare di parlare alle spalle degli altri. Carità è saper riconoscere il bene che gli altri fanno senza gelosia e senza invidia. Carità è svolgere bene ogni giorno il proprio lavoro. Carità è rallegrarsi nel vedere crescere l’altro. La carità è lo slancio del cuore che fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione. Quando viviamo il comandamento dell’amore che Gesù ci ha insegnato proviamo compassione nel vedere chi è solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno.

La carità deve essere uno stile di vita, che dà orientamento ad ogni cosa che facciamo. Vivendo la carità si diventa felici e si sente una inondazione di Paradiso, che riempie l’anima. San Francesco di Assisi  aveva capito tutto questo: solo facendo il bene si diventa felici e si fa esperienza della “perfetta letizia”, perché la carità ci mette in comunione e in contatto con Dio e Dio è il proprietario esclusivo della felicità. Dio è l’unico che possa riempire di gioia il nostro cuore. Un giorno chiesero a Madre Teresa: «Lei è molto affaticata, perché non prende qualche giorno di ferie?».  La sua risposta fu immediata: «Io non ho bisogno di ferie, perché i miei giorni sono tutti festivi: fare del bene è una festa! L’unica festa!».

Se l’austero simbolo delle ceneri poste sul capo il mercoledì delle ceneri ci fa dire: “Signore, voglio cominciare io, voglio cambiare io, voglio migliorare io e voglio fare il passo della carità senza aspettare alcun segnale dagli altri”; se questo accadrà allora avremo capito la lezione di Dio e inizieremo una Quaresima che lascerà veramente una traccia di bene in noi. La cenere sul capo sarà un gesto sincero e produrrà veramente un cambiamento nella nostra vita che ci porta alla Pasqua di resurrezione».

 

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