La vita è un diritto e non la morte

Durante l’ultima  visita pastorale,  sono stato invitato dal parroco a recarmi da  alcune persone malate. Mi ha portato da una famiglia, dove una persona più che quarantenne, affetta da tetraplegia,  era circondata dall’affetto dei suoi cari: dalla mamma, dalle sorelle, dal cognato, dalla  badante. Era una mattinata di sole; l’incontro si è svolto all’esterno per precauzione a causa del Covid. Con occhi vivi e un sorriso che si delineava al di sopra della mascherina, la madre mi diceva:<<Ecco il nostro angelo, abbiamo qui un angelo>> e dava carezze al suo figlio immobilizzato sulla carrozzella. Una scena indimenticabile, piena di amore, di tenerezza, di vicinanza. Una testimonianza ricca di valori umani, un raggio di vangelo, dove, con i fatti,  ci si prende cura di una persona che ha bisogno di tutto,  giorno per giorno e lo si fa insieme. Custodire la vita è un compito e una missione che va testimoniato ancor più ai nostri giorni in cui alla vita viene dato sempre meno valore. Si alzano sempre più le voci che chiedono leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito. Papa Francesco nella catechesi di mercoledì 9 febbraio 2022 ha detto:<< Dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette “cure palliative”, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile. Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti. Ma io vorrei sottolineare qui un problema sociale, ma reale. Quel “pianificare” – non so se sia la parola giusta – ma accelerare la morte degli anziani. Tante volte si vede in un certo ceto sociale che agli anziani, perché non hanno i mezzi, si danno meno medicine rispetto a quelle di cui avrebbero bisogno, e questo è disumano: questo non è aiutarli, questo è spingerli più presto verso la morte. E questo non è umano né cristiano. Gli anziani vanno curati come un tesoro dell’umanità: sono la nostra saggezza. Anche se non parlano, e se sono senza senso, sono tuttavia il simbolo della saggezza umana. Sono coloro che hanno fatto la strada prima di noi e ci hanno lasciato tante cose belle, tanti ricordi, tanta saggezza. Per favore, non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani. Accarezzare un anziano ha la stessa speranza che accarezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine è un mistero sempre, un mistero che va rispettato, accompagnato, curato, amato>>. Di qui l’auspicio che ci sia la necessaria attenzione a quanti vivono situazioni di estrema fragilità oltre che un adeguato sostegno alle realtà che li accompagnano con dedizione. Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia. La vita umana mantiene la sua dignità dall’inizio fino alla naturale conclusione. La grandezza di ogni essere umano, di ogni persona è il prendersi cura dell’altro perché sempre e dovunque la vita trionfi. +Angelo, Arcivescovo di Ancona-Osimo