Convegno diocesano della Caritas: “Le tre vie di Papa Francesco per rigenerare la carità”

Partire dagli ultimi, custodire la gioia del Vangelo, riscoprire la creatività sono le coordinate del cammino delle Caritas, a livello locale e nazionale, per i prossimi anni, indicate da Papa Francesco lo scorso anno in occasione del 50° anniversario di fondazione di Caritas Italiana. Queste tre vie sono state approfondite durante il convegno diocesano della Caritas “Rigenerare la carità”, che si è svolto sabato 28 maggio presso il Centro Pastorale diocesano ad Ancona. Un’occasione di ascolto e di crescita comune, con una riflessione a più voci e momenti di confronto. Dopo la preghiera iniziale, guidata da Mons. Angelo Spina, il direttore della Caritas diocesana Simone Breccia ha spiegato che il convegno è «un’occasione importante di ripartenza e di ripensamento, un’opportunità di ritrovarsi insieme in dialogo, per confrontarci e per aiutarci reciprocamente a rigenerare la carità e a fare nuove le cose, a renderle consone ai tempi che viviamo e ai bisogni che incontriamo». Simone Breccia ha ricordato ciò che sta facendo la Caritas diocesana, dall’Orto del Sorriso alla nuova mensa, dalla mostra per la Giornata Mondiale dei poveri al progetto APRI e ai corridoi umanitari. Nel 2021 sono state «oltre 55mila le ore di servizio dei volontari, degli operatori e dei giovani in servizio civile. Ogni giorno nei centri Caritas sono state quindi dedicate all’incontro dell’altro oltre 150 ore». Numeri significativi che testimoniano l’impegno della Caritas diocesana, ma che da soli non bastano. Come ha infatti sottolineato Simone Breccia, «la carità per essere autentica deve essere concreta e disinteressata. Non deve essere unidirezionale. Bisogna passare dalla logica della semplice accoglienza a quella evangelica della fraternità, in cui il povero è il fratello con il quale sono chiamato a camminare. Non ci sono alcuni che accolgono e altri che vengono accolti, ma fratelli che si incontrano e si amano. È necessario riscoprire e vivere l’incontro con l’altro».

Le tre vie indicate dal Papa per rigenerare la carità sono poi state approfondite da tre relatori. Ettore Fusaro, direttore Caritas di Fano-Cagli-Pergola-Fossombrone, in collegamento da Tirana, ha parlato della via degli ultimi e ha spiegato che «intorno a noi ci sono persone, bisogni e situazioni sempre più complessi. A questa complessità bisogna rispondere con gesti semplici. Oggi camminare a fianco degli ultimi significa mettersi in discussione. L’esempio più evidente è quello della crisi in Ucraina che ha cambiato ulteriormente le regole dell’accoglienza. Se prima non riuscivamo a trovare degli appartamenti, con l’inizio della guerra ci sono state decine di persone disponibili. Nel mondo ci sono però tante altre crisi che abbiamo dimenticato, come quelle in Yemen e in Siria. Davanti a queste crisi non ci poniamo gli stessi interrogativi che abbiamo invece nei confronti di quella in Ucraina, più vicina a noi». Fusaro ha anche sottolineato che «gli ultimi sono anche gli anziani che ad esempio hanno un problema di digital divide o i giovani che hanno bisogno di essere ascoltati». L’intervento del direttore della Caritas di Fano è stato dunque un invito a riflettere su chi sono gli ultimi e a porsi delle domande. «Oltre ai progetti che mettiamo in campo – ha continuato – dobbiamo chiederci dove sono gli ultimi. Tra i beneficiari del progetto o nei dati statistici dell’osservatorio delle povertà? O in prospettiva sono seduti intorno al tavolo con noi per parlare e decidere insieme come scrivere un progetto? Credo sia importante far parlare gli ultimi, perché sono attori e protagonisti, alla pari di tutti, dentro le nostre comunità».

La via del Vangelo è stata approfondita da don Marco Strona, direttore Caritas Fabriano-Matelica. Partendo da due icone bibliche (battesimo di Gesù e incontro con i discepoli di Emmaus), ha spiegato che la via del Vangelo è sempre «creativa e nuova», dopodiché ha letto una parte del discorso del Papa, in occasione dei 50 anni di Caritas Italiana, e ha sottolineato «l’importanza di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona. Una carità spirituale, materiale, intellettuale». Facendo poi riferimento alla nuova costituzione apostolica “Praedicate Evangelium” sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al mondo, voluta dal Papa, ha sottolineato che «la riforma della Chiesa sarà reale e possibile se germoglierà da una riforma interiore, da una conversione del cuore». Quattro le conclusioni di don Matteo. «La prima è quella del binomio tra fede e giustizia – ha detto – non si può mai separare l’annuncio del Vangelo dalla pratica concreta della lotta per la giustizia. La seconda è la sfida del riconoscimento: riconoscere l’altro non solo come colui che ha bisogno di qualcosa, ma come colui che sta dicendo qualcosa di me e a me (Fratelli Tutti n.87). Poi c’è la sfida della condivisione: la capacità di riconoscere le gioie e i dolori, le speranze e le angosce dell’altro, facendole proprie (Gaudium et spes n.1). Infine è importante il cammino della festa: la comunità evangelizzatrice e gioiosa sa sempre festeggiare (Evangelii Gaudium n.24)».

La via della creatività è stata invece affidata ad Andrea Gollini, vicedirettore Caritas di Reggio Emilia – Guastalla: «Papa Francesco ci ha sempre detto che siamo dentro un cambiamento d’epoca. Le forme dell’annuncio e della vita cristiana devono quindi essere ripensate alla luce del mondo che è cambiato. Il Papa ci invita ad abbandonare la logica del “si è sempre fatto così” e ad abbracciare la via della creatività. Per noi cristiani e per la Caritas vivere la creatività significa seguire l’esempio di Gesù non a fare cose nuove, ma a fare nuove tutte le cose. A Reggio Emilia abbiamo provato a concretizzare questo invito con tre cambiamenti: passaggio da mensa a mense diffuse, da ascolto ad ascolto diffuso, da dormitorio a locanda di accoglienza. Ad esempio avevamo un’unica mensa per persone senza fissa dimora che serviva circa 150 pasti al giorno in una sede Caritas. Ora abbiamo sei mense diffuse che sono spazi nelle parrocchie più piccoli, che accolgono al massimo una ventina di persone. Queste mense sono diventate luoghi di incontro e relazione, dove si sperimenta la comunità. In ogni mensa ci sono anche operatori dell’ascolto che stanno a fianco dei poveri, non con la logica dello sportello ma con quella dell’incontro e dello spezzare il pane insieme». Andrea Gollini ha sottolineato anche che «la creatività nasce dalla consapevolezza che siamo talmente tanto amati da Dio, da desiderare di portare e donare questo amore agli altri. Come dice una nostra volontaria: noi siamo chiamati a testimoniare la sovrabbondanza dell’amore di Dio».

Dopo gli interventi, i partecipanti si sono divisi in gruppi e si sono confrontati sulle tre vie e su quanto ascoltato. Ciò che è emerso dai lavori di gruppo, è stato poi condiviso con tutti. Al termine della mattinata, dopo la condivisione, Mons. Angelo Spina ha ringraziato i presenti e ha sottolineato che «la Chiesa sta facendo un cammino sinodale, in cui tutti sono chiamati non solo ad essere collaboratori, ma anche corresponsabili. La prima cosa da fare è l’ascolto, che è il più grande servizio. Come Chiesa dobbiamo chiederci: siamo una Chiesa che deve parlare al mondo o è il momento di ascoltare e permettere al mondo di parlarci? L’ascolto va vissuto nel nostro tempo, con i drammi del covid e della guerra. Davanti alle difficoltà, come Chiesa diciamo: “Vieni Signore Gesù”. Lui sta sempre con noi e non ci abbandona mai. Come ha detto il Papa, questo cammino sinodale è fatto di tre parole: comunione (unione con Dio e tra di noi), partecipazione (ognuno è protagonista con i propri carismi, che sono per gli altri e per la Chiesa), missione (Chiesa in uscita)». L’Arcivescovo ha poi ringraziato il direttore Simone Breccia, tutti gli operatori e i volontari e li ha incoraggiati ad «andare avanti con speranza e gioia, chiedendo il dono dello Spirito Santo che crea comunione e armonia». Mons. Angelo Spina ha anche ricordato l’impegno della Caritas diocesana, dalla famiglia siriana accolta grazie ai corridoi umanitari all’accoglienza di oltre 50 profughi ucraini, fino alla nuova mensa della Caritas che nascerà nella chiesa di Santo Stefano, chiusa da 40 anni, a duecento metri dalla stazione. Qui i poveri non avranno solo un piatto caldo, ma troveranno un ambiente familiare e si sentiranno accolti e amati».

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