Il Giubileo del mondo della comunicazione, celebrato il 14 novembre nell’Aula Magna dell’IIS Savoia Benincasa di Ancona, ha riunito oltre 300 studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore Savoia Benincasa e del Podesti-Calzecchi Onesti, insieme ai giornalisti e alle principali istituzioni civili, religiose e scolastiche. Un momento corale, costruito intorno alla riflessione sulla forza delle parole e delle immagini per comunicare la speranza e sulla responsabilità di chi le utilizza.
Ad aprire l’incontro è stata la dirigente scolastica, prof.ssa Maria Alessandra Bertini, che ha consegnato ai ragazzi un intervento ampio, capace di imprimere alla mattinata un tono di forte consapevolezza. «Il Giubileo della comunicazione» – ha detto – «non può che cominciare con un’invocazione alla speranza. Viviamo un tempo in cui le parole sembrano stanche, svuotate di significato, parole che corrono veloci ma non costruiscono. Il nostro compito, come scuola, è restituire loro autenticità, riportarle alla loro funzione originaria: creare legami, fondare relazioni, dare forma al pensiero».
La dirigente ha insistito sul ruolo educativo del linguaggio. «Ogni parola che pronunciamo – ha detto – è una responsabilità e un atto di fiducia verso il futuro. La relazione educativa tra maestro e allievo è il luogo in cui la parola torna vera. Non è mai un semplice suono: è un ponte, è trasmissione di senso. E mentre vi guardo, vedo una platea di giovani che non deve perdere la speranza, perché il futuro chiede la vostra voce». Parole accolte dagli studenti con attenzione, mentre erano invitati a «non temere il dialogo», a dare spazio alla profondità, a coltivare parole «che sappiano dire pace, rispetto, coraggio».
Dopo i saluti istituzionali della direttrice generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per le Marche , Donatella D’Amico, dell’assessora comunale Antonella Andreoli e della consigliera dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche Asmae Dachan, l’attenzione si è spostata sull’intervento del vaticanista del TG1, Ignazio Ingrao, che ha offerto ai ragazzi un contributo denso e coinvolgente.
Ingrao ha portato sul palco non solo la sua esperienza professionale, ma una vera e propria visione del giornalismo come servizio alla verità e alla dignità delle persone. Ha parlato della necessità di «far parlare i luoghi», raccontando come ogni territorio abbia una voce che bisogna saper ascoltare: dalle periferie romane ai quartieri colpiti dalla violenza in America Latina, fino alle immense discariche della Colombia, dove ha incontrato famiglie che vivono e sopravvivono raccogliendo rifiuti. «I social ci danno l’illusione dell’ubiquità – ha spiegato – ma l’odore di un luogo, il volto di una persona incontrata per strada, la storia che si intreccia allo sguardo…tutto questo non lo puoi cogliere da uno schermo».
Ha insistito sulla forza dei simboli e sulla capacità delle immagini di restituire ciò che le parole non riescono a dire, raccontando il lavoro dietro le quinte dei servizi televisivi e la responsabilità del giornalista di «rompere la camera dell’eco», in cui spesso i social rinchiudono. «La comunicazione oggi rischia di essere un labirinto di specchi» – ha avvertito – il nostro compito è riportare al centro le storie che non si vedono e i volti che vengono dimenticati».
A dare ulteriore profondità all’incontro sono state le voci dei ragazzi, che hanno posto domande dirette e mature, segno di un ascolto attento e partecipe. Hanno chiesto come si possa conservare la speranza di fronte alla morte di un amico, come reagire alla violenza e ai conflitti che riempiono le notizie quotidiane, quale spazio sia rimasto oggi per i giovani nella politica e nel mondo del lavoro. Domande che hanno colpito i relatori per intensità e chiarezza, e che hanno aperto un dialogo autentico sulla paura, sulla fiducia e sulla necessità di una comunicazione che non tradisca la complessità.
Il momento conclusivo della mattinata ha visto l’intervento dell’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Angelo Spina, che ha offerto ai giovani un messaggio intenso e diretto. «Vivete in un tempo attraversato da conflitti e paure – ha detto – eppure siete chiamati a essere semi di speranza. La speranza è un atto di scelta, non un sentimento passeggero».
L’Arcivescovo ha parlato dell’importanza dei volti e delle relazioni autentiche, spiegando che «la violenza cresce quando i volti scompaiono», mentre la pace nasce dal riconoscimento dell’altro. Ha condiviso poi l’esperienza di Casa Nazareth, il progetto nato ad Ancona come luogo di incontro per i giovani: uno spazio dove parlare, studiare, cucinare insieme, condividere fragilità e sogni. «La speranza si costruisce così – ha concluso – con gesti concreti, con amicizie vere, con parole che uniscono e non dividono».
La giornata si è chiusa tra applausi, riflessioni e nuove domande, lasciando ai ragazzi il senso profondo dell’incontro: comunicare significa scegliere, ascoltare, costruire. Significa trasformare parole e immagini in strumenti di verità e di pace.
Paolo Scarabeo
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