Ritiro regionale del clero con don Giovanni Frausini: Messale Romano e preghiera eucaristica

Dopo la riflessione di Mons. Claudio Maniago, presidente della Commissione episcopale per la liturgia, continuano gli incontri regionali online del clero sulla terza edizione del Messale Romano. Mercoledì 3 marzo il prof. don Giovanni Frausini ha infatti tenuto una relazione sulla tematica: “Un’esperienza tira l’altra: confrontarsi tra noi e con il Messale”.

Frausini ha spiegato che «la liturgia è la via maestra del nostro incontro con il mistero pasquale e con l’opera di salvezza di Dio. Il Concilio, parlando della riforma della Messa, chiede che ”l’ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione, e sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli” (SC 50). E ancora: “I sacramenti non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati “sacramenti della fede” (SC 59). Quindi per noi è importante capire ogni singola parte, come celebrarla, affinché la comunità possa effettivamente partecipare alla Messa».

Don Giovanni Frausini ha quindi approfondito la preghiera eucaristica. «Vediamo come celebrare la PE – ha detto il relatore – per un’attiva e pia partecipazione dei fedeli. Nei Praenotanda del Messale, la preghiera eucaristica è descritta come “il momento centrale e culminante dell’intera celebrazione, ossia è la preghiera di azione di grazie e di santificazione. Il sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore nella preghiera e nell’azione di grazie, e lo associa a sé nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo. Il significato di questa preghiera è che tutta l’assemblea dei fedeli si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell’offrire il sacrificio. La preghiera eucaristica esige che tutti l’ascoltino con riverenza e silenzio” (IGMR 78). La preghiera eucaristica quindi non è solo il ringraziamento a Dio per tutto quello che ha fatto per noi, ma è anche strumento di santificazione della comunità.

Questo si deve inquadrare in due grandi riscoperte della teologia eucaristica. Innanzitutto, nel 2001, la Congregazione per la dottrina della fede ha approvato una preghiera eucaristica orientale e l’ha ritenuta valida per i cattolici. Si tratta della preghiera eucaristica di Addai e Mari, in cui non ci sono le parole dell’Ultima Cena. Questa preghiera non è presente nel Messale, ma la chiesa di Oriente la usa ancora. L’altra riscoperta è il superamento del conflitto teologico Oriente-Occidente sul cosiddetto rapporto tra l’epiclesi e le parole dell’Ultima Cena. L’Oriente era concentrato sull’epiclesi sui doni e sulla comunità, l’Occidente sulle parole dell’Ultima Cena. Benedetto XVI, nel Sacramentum Caritatis n.13, afferma: “È quanto mai necessaria per la vita spirituale dei fedeli una coscienza più chiara della ricchezza dell’anafora: insieme alle parole pronunciate da Cristo nell’Ultima Cena, essa contiene l’epiclesi, quale invocazione al Padre perché faccia discendere il dono dello Spirito affinché il pane e il vino diventino il corpo ed il sangue di Gesù Cristo e perché la comunità tutta intera diventi sempre più Corpo di Cristo. Lo Spirito, invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull’altare, è il medesimo che riunisce i fedeli in un solo corpo, rendendoli un’offerta spirituale gradita al Padre”. Quindi il conflitto è ormai superato, le parole dell’Ultima Cena e l’epiclesi vanno colte insieme. Qui ci viene detto che la preghiera eucaristica non solo serve per consacrare il pane e il vino, ma anche che attraverso quel pane e quel vino consacrati, la Chiesa diventa corpo di Cristo. Benedetto XVI ci sta dicendo che l’Eucarestia è destinata all’edificazione della Chiesa, corpo di Cristo».

Il relatore ha anche spiegato che «l’Eucarestia è per il Concilio di Trento presenza reale (adorazione), sacrificio (messa) e comunione interpretata come intimità con Gesù. Il Concilio Vaticano II cambia la prospettiva, o meglio la integra, perché dice che la presenza reale è di Gesù che, con il suo sacrificio, ci ha uniti a sé in comunione per formare la Chiesa, corpo di Cristo. Dobbiamo quindi riconoscere che la PE è una parte ben definita della liturgia e ha uno scopo preciso: farci vivere l’esperienza dell’essere corpo di Cristo, grazie al corpo sacramentale di Cristo». Ecco allora alcune considerazioni pratiche: «La Pe ha un suo inizio e una sua fine. L’ordinamento generale del messale romano dice che si potrebbe fare un’ammonizione iniziale (OGMR 31), perché la comunità desti il massimo dell’attenzione a questo momento. C’è una unitarietà della PE: è un’unica grande preghiera che inizia con il dialogo iniziale e finisce con la dossologia. È una preghiera tutta consacratoria (vedi la PE di Addai e Mari), perché la comunità riunita diventi per mezzo del Corpo di Cristo eucaristico il Corpo di Cristo ecclesiale. Inoltre la PE è strutturata in momenti ben distinti per edificare la comunità alla scuola di Gesù (Gv 17). È importante riconoscere il significato e il valore di ogni singola parte della PE per poter aiutare la comunità a partecipare, a vivere un’esperienza di rendimento di grazie e di santificazione. La PE ha anche due cuori: il racconto istituzionale dell’Ultima Cena e la doppia epiclesi sui doni e sulla Comunità».

Qual è la struttura dinamica della PE? Quali sono le sue parti? «Innanzitutto c’è un rendimento di grazie (al centro il Sanctus), – ha spiegato il relatore – poi ci sono epiclesi sui doni, racconto istituzionale dell’Ultima Cena, epiclesi sulla comunità, intercessioni e dossologia». In pratica, quindi, come celebrare la PE?
-Scegliere la PE con il prefazio alla luce di tutto il contesto (comunità, letture, tempo liturgico, orazioni, ecc.);
-Staccare la PE dalla orazione sulle offerte: ci prepariamo a dialogare con il Padre per il ministero della successione apostolica;
-Conoscerne la struttura per vivere la dinamica della PE (il tono della voce deve corrispondere al genere del testo);
-Preoccuparsi che la comunità preghi con noi entrando in essa: un testo da interpretare per aiutare la preghiera di tutti;
-Arrivare all’Amen della dossologia;
-Pregare noi e aiutare a pregare (anche con l’omelia e la catechesi) con la PE per la luce che getta su tutta la celebrazione e su tutta la vita.

 

PowerPoint della relazione di don Giovanni Frausini: CONVEGNO 2021 – Un’esperienza tira l’altra. Confrontarsi tra noi e con il Messale

 

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