2017/01/01: Il vero campo di battaglia è il nostro cuore, luogo del bene e del male

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


Inizio nuovo anno Festa di Maria Santissima Madre di Dio
(Nm 6,22-27;Sal 66; Gal 4,4-7;Lc2,16-21)
CATTEDRALE DI S. CIRIACO
1 Gennaio 2017
Carissimi, il Signore conceda a tutti la pace frutto e dono della sua misericordia, questo è il mio augurio per tutti voi.
Abbiamo cambiato il calendario ed immagino che anche voi l’abbiate fatto e abbiamo iniziato un nuovo anno che fa parte di quel nostro contare i giorni del tempo.
Questa liturgia, con la quale vogliamo adorare Dio che segna questo primo giorno dell’anno, ci affida tre grandi riflessioni che chiamerei percorsi e che diventano oggetto di preghiera e di speranza.
Questi tre sguardi sono dentro questo primo giorno dell’anno.
Il primo percorso
Innanzitutto ci affida la maternità che trova in Maria il punto più sublime, infatti la liturgia di questo giorno è quella dedicata a Maria Santissima Madre di Dio; essa è Madre di Dio e celebra la sua vita nell’esercizio di una maternità educativa, come presenza attenta e rispettosa della vocazione di quel Figlio unico e santo e come alleata nell’opera di misericordia di quel Figlio.
Il secondo percorso
Questa giornata ci affida il tempo, il tempo che dobbiamo prendere come dono e come compito e non come proprietà; non come proprietà da sciupare per concludere poi il tutto, come spesso noi siamo abituati a fare in un lamento quando esso, il tempo, si fa o si presenta come breve.
Il terzo percorso
Questa liturgia, infine, ci affida una grande speranza che è invocata, ma ad un tempo è anche responsabile conquista di tutti: la speranza della pace.
Oggi celebriamo, infatti, la 50.ma Giornata mondiale della Pace iniziata, da un’intenzione profetica del beato Paolo VI, nel gennaio del 1968 che ne indisse appunto la I Giornata per tutta la Chiesa.
Desidero ora sostanziare i miei auguri di apertura su questi tre percorsi, perché, ne sono certo, se seguiti, darebbero cittadinanza e verità a questo nostro dirsi “buon anno”, perché spesso dietro queste parole c’è il nulla.
La maternità di Maria
Innanzi tutto questo accogliere il dono di Maria.
La Madre che dà al mondo e alla storia il Figlio sacrificato, l’immolato per il perdono e la salvezza, Ella ci dà il Figlio amore, il Figlio misericordia che con il suo “amatevi come io vi ho amato”, ci offre la terapia per ogni dignità.
Maria, che qui invochiamo come Regina, non è un oggetto di una devozione, è piuttosto il soggetto di una storia nuova, essa ci ripete, anche oggi, “fate quanto Egli vi dirà”.
Dentro questa maternità divina colloco ogni maternità che non è né la tecnica biologica, né un incrocio di ovuli e spermatozoi, ma fontana di grazia e di amore, alleanza di speranza, perché la maternità è, essa stessa, evento di speranza.
Sento ora qui l’urgenza spirituale e pastorale di unire maternità e paternità e di ringraziare mio padre e mia madre, come tutti i padri e le madri, e vederli come strumenti cooperanti di speranza, una nascita è sempre una speranza.
In questo mondo adesso una nascita l’abbiamo fatta diventare un costo ed è per questo che la nostra società è vecchia e quasi morta, perché non esercita più la maternità e la paternità e chi di voi presenti è ancora in tempo metta al mondo qualche figlio e chi non è più nel tempo preghi incessantemente, perché gli uomini e le donne abbiano speranza nella vita.
Il tempo
Ne ho già parlato ieri sera (ultimo giorno dell’anno), dico due cose che per me sono fondamentali.
Per sapere se l’anno che inizia sarà buono, non occorre attaccarsi agli incroci astrali o alla lettura dei tarocchi, spero che come cristiani queste stupidaggini non le facciate, non c’è un tempo cattivo e un tempo buono, il tempo è sempre un dono di Dio.
Però perché questo tempo sia buono occorre ricordarsi che esso è un luogo immateriale, perché il tempo è immateriale, esso è il luogo immateriale di collaborazione tra Dio, che del tempo è unico governatore, e noi.
Vi affido ora dei verbi sui quali vi invito a riflettere: collaborare con Dio, non usurpare la sua signoria; gestire il tempo, non impadronirsi del tempo; celebrare la vita nel bene non consumarla nella baldoria etica; impegnare il tempo non sciupare il tempo perché solo così la vita è feconda e gaudiosa.
Io credo che in questo tempo siamo caduti in una cultura dell’effimero esasperato ed esasperante; come faccio ad augurare ad un altro “buon anno” sono forse io padrone dell’anno? Certamente è un segno di educazione, ma dentro cosa ci mettiamo? Queste cose ve le dico, perché noi abbiamo anche delle responsabilità educative specialmente nei confronti delle nuove generazioni e come ieri sera ripropongo un esempio che faccio con i ragazzi.
Domando loro: la tua vita di che cosa ha bisogno per essere vita? I ragazzi rispondono quello che noi abbiamo insegnato e cioè che occorre mangiare, ma per far capire loro che questa non può essere la prima condizione occorre ribadire che ce n’è un’altra. Faccio loro un esempio: la mamma che cucina bene ha preparato un meraviglioso manicaretto, il migliore che piace a voi e vi mettete davanti al piatto per ‘sforchettarlo’, dietro a voi si presenta all’improvviso ‘uno’ che toccandovi pronuncia queste parole “Il tempo è finito”.
Noi viviamo perché c’è Uno che ci dona il tempo e donandoci il tempo ci dona anche le cose che stanno nel tempo, nel creato, perché noi possiamo vivere, avere dignità. Questo è l’ingranaggio che abbiamo perso!
Mi dispiace dirvelo, siamo diventati usurpatori del creato, siamo diventati usurpatori di tutto, padroni di tutto.
Per farvi capire questo mio strano verbo, vi dico ancora una cosa più strana noi ci siamo messi in testa di vendere le cose di Dio, come ho detto altre volte, questa cosa me l’ha insegnato mio nonno che diceva “questa terra è mia” e poi si fermava, reclinava la testa, l’appoggiava al bastone e aggiungeva: ”quanto sono stupido, questa terra sarà di tutti, forse sarà anche tua …”
Almeno noi cristiani cresciamo con questa idea del tempo di Dio, delle cose di Dio date a noi perché si viva in dignità e perché le si lasci agli altri.
La pace
C’è questo terzo pensiero, infatti il tema della 50.ma Giornata mondiale della pace, scelta e proposta da Papa Francesco, è “La non violenza: stile della politica per la pace”, ora figlioli cari sappiamo che non abbiamo cominciato bene, anzi abbiamo cominciato malissimo (gravissimo attentato ad Istanbul) e poi noi ci inginocchiamo tutte le volte davanti al Signore dicendo “Dacci la pace Signore!”, ma Lui già ci risponde: “La pace io ve l’ho data, guardate mio Figlio crocifisso! Quella è la pace: perdere per amore!”
Carissimi, occorre che ci mettiamo in testa tutti che la pace non appartiene a questi pochi potenti uomini politici che comandano il mondo e che poi se ne vanno, la pace è dono e compito, qui e dovunque.
Occorre però, e qui ritorno al Bambino che Maria ci ha dato, che noi lo si ascolti; che cosa ha detto quel Bambino quando è cresciuto? Non leggete solo i giornali scandalistici, aprite qualche volta la Parola di Dio, Gesù dice “Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?”. Che cosa è che fa male all’uomo? “Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». E’ quello che esce dall’uomo, dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive, qual’ è allora il vero campo di battaglia carissimi?
Certo a noi drammatizza che il luogo di battaglia sia la Siria e gli altri luoghi dove ancora ci sono guerre di quella guerra mondiale a pezzi, come dice Papa Francesco, ma il vero campo di battaglia è il nostro cuore che ad un tempo è luogo spirituale di amore ma anche luogo malvagio di profanazione dell’uomo.
Per cui io posso dirvi e voglio dirvi che se pacifico il cuore pacifico la vita, chi può e fa la guerra è uno che non ha il cuore pacifico, ma ha il cuore torbido, perché vuole dominare, comandare, opprimere, perché non ama la vita.
Vi prego carissimi figlioli, non diciamo più al Signore “dacci la pace!”, ma “scarnifica il mio cuore!” allora vi do due suggerimenti pratici per tutto l’anno, validi anche per me.
Il primo
Occorre fare entrare nel cuore la misericordia. La misericordia è l’unica, vera connessione utile che rende autentica l’ecologia dello spirito.
Connettiamoci con la misericordia; avete qualche nemico, avete qualcuno che non vi parlate da qualche tempo?
Da stasera cominciate a connettervi con la misericordia.
Vorrei inoltre che cominciassimo a coltivare quella che Papa Francesco chiama la radice domestica (della famiglia) della pace. La famiglia, che abbiamo rovinato approvando leggi di comodo che non corrispondono per nulla alle regole di Dio, essa è il luogo delle relazioni feconde, tutti imparano dalla famiglia le relazioni della pace.
Quali sono?
Il dialogo
Il dialogo, non le urla; se un bambino in casa sentirà sempre e solo le urla comprenderà mai la parole dialogo? Se un cittadino, nella grande famiglia nazionale, sente sempre e solo le urla e parole offensive capirà mai che cos’è la politica?
Figlioli un anno dipende da noi!
Il rispetto
Il rispetto e non il dispetto! Io mica ho scelto questa comunità diocesana per essere Vescovo, siete tutti piacenti? Voi che vi siete sposati facendovi foto stupende nel giorno del vostro matrimonio, mandando i vostri baci su internet eravate i più belli del mondo, ma perché non vi rispettate più?
Abbiamo ridotto le relazioni di amore a relazioni di cose.
Il bene
Il bene e non il piacere. Ognuno di noi è produttore anche di relazioni dispiacevoli, succede ma se davanti a me c’è una persona che vuole veramente il mio bene mi aiuta a correggermi, io non posso essere sempre un bambino dispettoso o sofisticato.
La misericordia
La misericordia, non le risse anche legali.
Il perdono
Il perdono che unisce, non la lontananza che divide.
Era l’Anno Santo del 1950 e la mia mamma ottenne il ”permesso” da papà per andare a Roma, c’era infatti una famiglia che l’accoglieva (facendo la sarta, doveva sistemare dei vestiti alla signora che l’avrebbe ospitata).
Invece di una settimana stette una decina di giorni. A quei tempi non c’era il telefonino, e papà mi confidò che quando sarebbe ritornata a casa l’avrebbe sgridata; sapete cosa successe? Poco tempo dopo mia mamma attendeva il terzo figlio. Papà non la cacciò da casa.
Io dai miei genitori ho imparato questo, certamente non erano perfetti, come non lo ero io …
Ora carissimi queste tre vie sono la speranza e come augurio le affido prima di tutto a me e a voi, in questo senso vi dico buon anno!
Amen!
† Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’ omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’ autore )