“Malattia, solitudine, speranza”: lectio divina a cura di don Gianni Carozza

Si è aperto con la lettura del brano del Vangelo di Luca sulla guarigione del paralitico calato dal tetto, il ritiro spirituale per i ministri straordinari della comunione, organizzato domenica 26 febbraio nella parrocchia San Giuseppe Moscati dall’Ufficio diocesano Liturgico e Ministeri e dall’Ufficio per la Pastorale della Salute. La lectio divina è stata a cura del biblista don Gianni Carozza, sacerdote dell’Arcidiocesi di Chieti-Vasto e docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà teologica del Seminario abruzzese-molisano che, partendo dalla sua esperienza personale, ha parlato di malattia, solitudine e speranza. Questo incontro è stato il secondo appuntamento promosso dai due uffici diocesani per i ministri straordinari della comunione, chiamati a portare l’Eucaristia agli infermi e agli anziani.

Dopo i saluti di don Francesco Scalmati, assistente spirituale dell’Ufficio per la Pastorale della Salute, che ha sottolineato l’importanza di «stare accanto ai malati che ci vengono affidati e serviamo con amore» e di don Lorenzo Rossini, direttore dell’Ufficio Liturgico e Ministeri, che ha ricordato ai ministri che il «Signore li chiama in modo speciale ad essere amici dei tanti malati che hanno bisogno di incontrare Gesù», don Gianni Carozza ha parlato del mistero della malattia, dell’importanza di stare accanto a chi soffre, della fede e della speranza, per scoprire la presenza di Dio anche e soprattutto nel tempo faticoso della sofferenza. Partendo dalla sua malattia genetica rara, che l’ha portato a farsi alcune domande presenti anche nelle pagine bibliche, come ad esempio perché Dio permette che accada il male, ha ricordato il grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. «Questo grido di Gesù sulla croce raccoglie la sofferenza più assurda – ha spiegato – quella degli innocenti, ad esempio dei bambini. Perché soffrono? C’è una risposta a questo perché? La rivelazione cristiana ci dà alcune luci, come quelle delle candele. La luce piena della comprensione l’avremo solo in paradiso».

Il sacerdote ha così parlato dell’importanza della fede per affrontare la malattia. «Nell’enciclica Lumen fidei troviamo che la fede non è una luce che cancella le nostre tenebre, ma una lampada che guida i nostri passi nella notte. La fede è la convinzione che il cammino della nostra vita non è solitario, ma che è accompagnato da un Padre. La fede si alimenta con l’umiltà, con la consapevolezza di essere come dei bambini davanti a Dio». Don Gianni Carozza ha quindi parlato della preghiera che, a volte, può essere «anche un grido. La preghiera vera nasce dalla vita concreta», e ha invitato i presenti a riflettere sulla sofferenze patite da Gesù e su come le ha vissute. Ad esempio nel Getsemani, Gesù dice: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà“. Lui ci insegna anche a condividere nel profondo il dolore di chi soffre, ne è un esempio la parabola del buon samaritano. Inoltre Gesù apre uni spiraglio oltre la vita terrena. Sapere che c’è la vita eterna oltre la morte cambia il mio modo di vivere l’oggi».

Il relatore ha quindi sottolineato che «la malattia e la sofferenza sono un profondo mistero, che comprenderemo pienamente solo quando saremo faccia a faccia con Dio. Possiamo però affrontarle in due modi: pensando che tutto è assurdo e che la sofferenza non ha senso, oppure pensando che pur non capendo molto la sofferenza ha un significato. Il figlio di Dio l’ha vissuta e la resurrezione dimostra che la sofferenza non ha ultima parola, ma che è un passaggio verso la gloria. Dio non sta lì a guardare le nostre sofferenze, le prende su di sé e dona la speranza attraverso la resurrezione». Cosa fare, dunque, quando la malattia non può essere vinta? Quando non ci sono cure? Quando Gesù non concede il miracolo? «Non ci sono risposte prefabbricate – ha detto – chiunque si trovi a vivere un dolore deve fare un percorso personale, contando sull’aiuto di qualcun altro. La solitudine ingigantisce i problemi, quindi è importante contare sull’aiuto dell’altro. Ci vogliono anche flessibilità, creatività, adattabilità, mai rassegnazione. Non bisogna deprimersi perché non si possono fare le cose di prima, ci sono altre cose che si possono fare.

Cosa si può fare, quindi, quando non c’è via di uscita? Quello che ha fatto Gesù nel Getsemani: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Affidarsi alle mani del Padre, accettare di non poter cambiare le cose come vorremmo e, come estremo atto di amore, si può sperare che almeno il nostro patire possa fare in maniera misteriosa bene a qualcuno, magari proprio a quelli che ci hanno accompagnato. Offrire quindi le proprie sofferenze a Dio». Un altro aspetto importante riguarda il momento ultimo della vita di Gesù, che «sulla croce continua ad amare, a fare del bene, ad esempio con il buon ladrone. Questa è una frase che mi ripeto spesso: “Confida nel Signore e fa il bene”. Il bene lo puoi fare in qualsiasi condizione. Quanto amore i malati possono ancora dare dal loro letto di dolore».

Da dove possiamo attingere, quindi, la speranza? Don Gianni Carozza ha parlato di tre vie. Quella della «preghiera vera verso Dio, che può essere anche un grido, come leggiamo nei salmi. C’è poi la via dei piccoli del Vangelo. Nelle persone semplici e nascoste vedo crescere il regno di Dio, penso ad esempio a tante mamme che si prendono cura di figli con malattie genetiche. La terza via è quella degli amici. Le buone relazioni sono la cura migliore». Il ministro straordinario della comunione è quindi una persona «che porta il malato da Gesù, come si legge nel Vangelo della guarigione del paralitico. Quel malato da solo non ci sarebbe mai arrivato. Ecco l’importanza del vostro ministero, della vostra presenza e del vostro ascolto».

Dopo la lectio divina, i ministri straordinari della comunione hanno lavorato su una scheda per i lavori di gruppo. Rispondendo ad alcune domande, sono stati invitati a riflettere sulla relazione appena ascoltata e a condividere le intuizioni, le resistenze e le parole che hanno avvertito come feconde per la loro vita e li hanno sollecitati a un cambiamento. Infine sono stati recitati i Vespri e Giuliana Palmieri ha ricevuto il mandato come ministro straordinario della comunione. «Chi è malato – ha detto l’Arcivescovo – a volte non ha la forza di camminare, di muoversi, e allora bisogna portarlo da Gesù e permettere anche l’incontro di Gesù con questa persona. Coloro che portano il paralitico a Gesù sono persone di fede e Lui prima gli perdona i peccati, donandogli la guarigione dell’anima, e poi gli dona la guarigione fisica. Il ministro straordinario della comunione porta Gesù ai fratelli malati che vivono solitudini, sofferenze fisiche e hanno un’anima a volte malata, aggredita dal cancro del peccato. È lì che Gesù arriva, guarisce e salva. Noi quindi chi siamo? Suoi collaboratori che, con la fede e con l’amore, accompagnano i malati all’incontro con Gesù. Lui è il protagonista, noi siamo suoi discepoli e suoi servi».

Relazione integrale di don Gianni Carozza: Relazione per l’incontro con i ministri straordinari della comunione ad Ancona

Scheda per i lavori di gruppo: Scheda per i ministri straordinari della comunione

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