Veglia missionaria diocesana: “Cuori ardenti, piedi in cammino”

“Cuori ardenti, piedi in cammino” è il tema della giornata missionaria mondiale che si celebra domenica 22 ottobre, èd è stato il titolo della veglia diocesana organizzata venerdì 20 ottobre nella parrocchia San Gaspare del Bufalo. Citando il passo del Vangelo sui discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), Papa Francesco invita ad avere cuori ardenti, occhi aperti e piedi in cammino per annunciare la gioia dell’incontro con il Risorto. La comunità diocesana si è quindi riunita, in preparazione alla giornata missionaria mondiale, e ha pregato per le missioni e per la vocazione missionaria della Chiesa e di ciascuno. Il brano dei discepoli di Emmaus ha guidato la veglia, durante la quale si sono alternati canti, testimonianze, la riflessione di Mons. Angelo Spina e alcuni gesti significativi.

L’altare è stato allestito con dei teli colorati che dai piedi del Crocifisso hanno raggiunto un globo. Le candele con i colori dei cinque continenti, accese durante la serata, hanno ricordato l’universalità della chiesa e la sua ricchezza attraverso le diverse culture. Le impronte sul pavimento laterali, ritagliate da giornali e riviste, hanno simboleggiato i “piedi in cammino”. Come hanno infatti spiegato Alessandro Andreoli e sua moglie Alessandra, direttori dell’Ufficio missionario diocesano, «le impronte laterali ci ricordano che ciascuno di noi arriva qui con un proprio vissuto e a partire da quella storia, da quel presente, si incontra con Cristo oggi, così come allora i due discepoli di Emmaus si sono incontrati con Gesù lungo il loro percorso. Al centro invece ci sono delle impronte in uscita di colore giallo. Sono impronte vivaci, vive, illuminate, così dovrebbe essere la nostra vita dopo l’incontro con Cristo: “Non ci ardeva forse il cuore?”». Alessandro e Alessandra hanno anche sottolineato il legame con San Gaspare del Bufalo che si celebra il 21 ottobre e il suo impegno missionario. San Gaspare, devoto di San Francesco Saverio, «è stato infatti il fondatore della Congregazione dei missionari del preziosissimo sangue e negli anni della stagione napoleonica si distinse per la sua azione incisiva e coraggiosa con missioni presso i paesi e le città dove Napoleone aveva cercato di sradicare il Vangelo».

Dopo aver accolto con un canto il lezionario, i fedeli hanno ascoltato il brano dei discepoli di Emmaus e si sono lasciati toccare da questa Parola, aprendo il cuore all’azione dello Spirito Santo. Sono poi state ascoltate quattro testimonianze. Il seminarista David Baiocchi ha raccontato la sua esperienza in Costa d’Avorio con padre Matteo Pettinari, padre missionario della Consolata. «Ho vissuto un mese e mezzo a stretto contatto con la Parola di Dio – ha detto – e questa missione è stata fondamentale per il mio discernimento vocazionale. Mi sono sentito accolto da tutti per quello che ero e ho visto quanto hanno seminato i padri missionari in questi anni. Questa esperienza mi ha dato anche l’opportunità di affrontare le mie paure e mi ha presentato delle situazioni che mi hanno aiutato a scogliere alcuni nodi della mia vita».

Enrico Guerrieri, fratello di don Duilio che è stato per tanti anni sacerdote fidei donum in Argentina, ha parlato di quando Duilio ha sentito la chiamata la sacerdozio, quando partì per la missione e il recente viaggio in Argentina. «Lo scorso luglio – ha raccontato – sono partito con don Sergio e don Isidoro, che sono stati anche loro fidei donum in Argentina, e abbiamo portato i resti mortali di don Duilio nel santuario della Madonna di Huachana, fondato da lui. Arrivati in Argentina, tanti mi hanno parlato del loro rapporto con don Duilio. Abbiamo ascoltato tante testimonianze commoventi che custodisco nel cuore».

I seminaristi Luigi Burchiani e Pietro Casi hanno invece raccontato la loro esperienza in Amazzonia, nella diocesi dell’Alto Solimões, gemellata con l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo dal 2019. A gennaio i due seminaristi erano partiti con Mons. Angelo Spina, il direttore del Centro Missionario diocesano Alessandro Andreoli, il direttore della Caritas diocesana Simone Breccia, don Lorenzo Rossini e il seminarista Jacopo. Luigi ha raccontato di aver incontrato tante persone che avevano vissuto «violenze, traumi e paure. La prima lettera di Giovanni ci insegna che la paura è l’opposto della carità e Santa Teresina del Bambin Gesù, patrona delle missioni, diceva: “La mia vocazione è l’amore”. Il segno della Chiesa missionaria è la carità che è l’antidoto alla paura e alla violenza ed è la cura del trauma». Pietro ha sottolineato che la missione in Amazzonia gli ha fatto capire «quanto è importante tornare all’essenziale. Alcune cose sono essenziali nella nostra vita, come l’Eucarestia. Inoltre ho capito più profondamente la frase di Gesù: “Li mandò a due a due”. Fare le cose insieme è il cuore della missione».

Infine è stata ascoltata la storia di Mauro ed Elisa, originari del quartiere di Brecce Bianche, che sono in missione da alcuni anni in Perù, nella città di Chimbote, con l’Operazione Mato Grosso. Il fratello di Mauro ha letto una lettera scritta dai due sposi, in cui raccontano la loro avventura in Perù: «Viviamo nelle baraccapoli di Nuevo Chimbote, una città nel deserto, sulla costa nord del Perù. Si vive senza acqua né fogne, in case senza pavimento fatte di stuoia e compensato. Tantissimi bambini, mamme, giovani sono soli, in un ambiente in cui solo chi è più forte va avanti. Tanta violenza, abusi, corruzione, droga. Noi e altri volontari cerchiamo di aiutare con cose concrete. Negli anni abbiamo costruito cinque asili nei quartieri più poveri e una scola elementare per 400 bambini, dove ricevono tutto gratis, anche la colazione e il pranzo. Abbiamo una mensa del povero che ogni giorno offre 500 o 600 pasti, una scuola professionale per ragazzi a cui viene insegnato il mestiere di muratore e falegname. Tutto ciò è possibile grazie a tante persone buone che in Italia regalano e aiutano e grazie al lavoro gratuito dei ragazzi dell’Operazione Mato Grosso».

Prima di iniziare la propria testimonianza, ognuno ha acceso una candela e ha deposto ai piedi dell’altare, sopra i teli colorati, scarpe e zaini, simboli della missione e dei piedi in cammino. È seguita la riflessione di Mons. Angelo Spina che ha parlato del brano dei discepoli di Emmaus. «I nostri cuori sono malati – ha detto – è dal cuore che escono le cose cattive. Se però ci mettiamo in ascolto del Signore e gli apriamo il nostro cuore, Lui ci dona il suo amore e la sapienza e i nostri cuori diventano ardenti. La sapienza non è la conoscenza, ma è sapere perché vivi e qual è lo scopo dell’esistenza. Nel brano del Vangelo leggiamo anche che i due discepoli riconoscono Gesù nello spezzare il pane, i loro occhi si aprono, e quando tornano a Gerusalemme dicono agli apostoli che il Signore è davvero risorto. Gesù ci invita ad annunciare il Vangelo con la nostra vita». La veglia è proseguita con il rito di accoglienza degli operatori pastorali non italiani nella diocesi. Mons. Angelo Spina ha consegnato la croce a tre suore, dopodiché c’è stato il mandato missionario, affinché tutti, in ogni situazione, siano testimoni dell’incontro con il Risorto, con i fratelli e le sorelle che incontreranno.

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