Convegno al Cinema Italia su “La giustizia che ripara – La via dell’incontro”

La Caritas diocesana ha aderito a un progetto sperimentale di Caritas Italiana per la diffusione dei principi della giustizia riparativa e, nel corso di questo anno, ha coinvolto la comunità attraverso la proiezione di film, la presentazione di libri e incontri con alcune persone protagoniste del lungo percorso che ha visto dialogare responsabili e vittime della lotta armata, tra cui Agnese Moro. Il convegno “La giustizia che ripara – La via dell’incontro” che si è svolto venerdì 24 novembre presso il Cinema Italia, ha rappresentato il momento conclusivo di questo anno di attività di informazione ed è quindi stato un’ulteriore importante occasione per diffondere e permettere di comprendere i concetti di base di questo interessante paradigma di giustizia che si affianca a quello tradizionale della giustizia retributiva e che rappresenta la grande novità introdotta dalla riforma Cartabia.

Dopo i saluti dell’assessore comunale ai Servizi Sociali Manuela Caucci, della viceprefetto Simona Calcagnini, del direttore della Caritas diocesana Simone Breccia  e di Mons. Angelo Spina che ha ringraziato la Caritas diocesana e i relatori e ha salutato gli studenti delle scuole superiori Rinaldini di Ancona e Corridoni-Campana di Osimo, è iniziata la prima sessione del convegno, moderato dal giornalista Vincenzo Varagona, presidente nazionale UCSI. Cinzia Neglia (Caritas Italiana) ha spiegato che «nel 2019 la Caritas Italiana ha attivato un progetto sperimentale sulla giustizia riparativa coinvolgendo otto Caritas diocesane, tra cui la Caritas di Ancona-Osimo. I valori della GR sono l’attenzione alla persona, il rispetto della dignità umana, la solidarietà e la responsabilità, la giustizia, la verità attraverso il dialogo. Questi valori sono sovrapponibili con i valori evangelici e con il magistero della Chiesa.  Al centro c’è l’ascolto senza pregiudizi e la GR mette al centro la comunità, la chiama ad essere attiva. Papa Francesco ha dichiarato che “la cultura della giustizia riparativa è l’unico e vero antidoto alla vendetta e all’oblio, perché guarda alla ricomposizione dei legami spezzati e permette la bonifica della terra sporcata dal sangue del fratello”».

Patrizia Patrizi, presidente del Forum europeo per la giustizia riparativa e professoressa dell’Università di Sassari, ha ricordato che l’obiettivo della GR è «connettere le persone per ripristinare giuste relazioni. La GR è un paradigma: non è un programma, non è limitata all’ambito criminale. È un modo di vedere le nostre relazioni, è un modo per prevenire e affrontare danni e conflitti, in ogni sfera della nostra vita». La docente ha anche sottolineato che «nelle nostre comunità di vita è necessario un cambiamento culturale. Occorre, come disse Howard Zehr, il “padre” della giustizia riparativa, cambiare le lenti». Per spiegare meglio cosa significa “cambiare le lenti”, ha invitato i presenti a fare un gioco, ad unire 9 punti tracciando massimo 4 segmenti, senza mai staccare la penna dal foglio e senza ripassare due volte sullo stesso punto. Ci sono riusciti solo coloro che sono usciti dai bordi e, quindi, dallo schema del quadrato e dei 9 punti. Un gioco che ha dimostrato quanto è difficile superare i propri schemi. La stessa cosa vale per la giustizia riparativa. «Cambiare le lenti è molto difficile – ha spiegato la docente – perché siamo cresciuti in una cultura retributiva: se qualcuno commette un reato la deve pagare. Questo è giusto, ma nella cultura retributiva non viene mai nominato chi ha subito il torto. Bisogna uscire dal modello retributivo e ricucire le relazioni. La GR è un approccio volto a fronteggiare il danno o il rischio di danno, coinvolgendo tutti coloro che ne sono toccati per raggiungere un’intesa comune e un accordo su come il danno o il torto può essere riparato e giustizia ottenuta. Anziché separare le persone o escludere quelle percepite come una minaccia, i processi riparativi ripristinano protezione e sicurezza proprio riunendo le persone così da annullare l’ingiustizia, riparare il danno subito e alleviare la sofferenza attraverso il dialogo e l’intesa. La GR è appropriata ed efficace in ogni sfera della nostra vita».

È seguito l’intervento della professoressa Lina Caraceni (dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Macerata), la quale ha spiegato che con «la riforma Cartabia finalmente la giustizia riparativa è entrata in dialogo con il processo penale. Gli strumenti della GR, in modo particolare la mediazione che si instaura tra l’autore di un reato e la vittima che ha subito il danno da questo comportamento illecito, possono entrare di fatto in dialogo anche all’interno del processo penale. Al reato non si risponde più soltanto con la pena, ma c’è la possibilità di poter instaurare una relazione con la vittima del reato, dando alla vittima la possibilità nel processo non  soltanto di avere un risarcimento che spesso ottiene, ma soprattutto di essere ascoltata, di poter capire le ragioni per le quali ha subito il torto».

Nella seconda sessione del convegno sono state ascoltate alcune esperienze di GR. Il dott. Giorgio Berti, direttore dell’Ufficio Servizio Sociale per i Minorenni di Ancona, ha raccontato che «l’Ufficio si occupa di minori sottoposti a procedimento penale. Noi attuiamo una serie di interventi di GR con il minore autore di reato e le loro vittime. Gli interventi sono diversificati, dalla sensibilizzazione personale ai lavori di gruppo, fino alle segnalazioni al Centro regionale per la mediazione dei conflitti». L’ex detenuto Salvatore Mario Giorgi, componente del gruppo di lettura del libro “Un’altra storia inizia qui” (M. Cartabia, A. Ceretti), ha raccontato l’esperienza vissuta nel carcere di Montacuto: «Grazie ai volontari della Caritas ho partecipato insieme ad altri detenuti a un gruppo di lettura. La GR è l’incontro tra due sofferenze e questo corso è stato importante per noi, ci ha fatto crescere. Abbiamo riflettuto sul valore della giustizia, ma anche sul dolore della vittima. Non bisogna giustiziare il reo, ma ricucire le relazioni tra l’autore del reato e le vittime».

Claudio Pauri, regista autore del podcast sull’esperienza condotta dai volontari Caritas all’interno della sezione di Alta Sicurezza della Casa Circondariale di Montacuto, ha raccontato che «è stata un’esperienza intensa. È stato toccante ascoltare i racconti dei detenuti, molti dei quali hanno pene molto lunghe. Abbiamo ascoltato tante storie e anche le contraddizioni che esistono all’interno di questa realtà. Dare la possibilità a ai detenuti della sezione di Alta Sicurezza di potersi raccontare è stato significativo». Infine l’avvocato Giovanna Perna (Caritas Diocesana di Avellino) ha parlato della nascita ad Avellino del Centro di Mediazione Giustizia Riparativa: «La giustizia riparativa è un fatto sociale. Bisogna ricucire le relazioni ferite, ripristinare i rapporti tra autore e vittima del reato».

Fotogallery