2016/03/24: Vi ho dato l’esempio: la misura del vostro amarvi

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
Messa Crismale
(Is 61,1-3.6.8-9;Sal 88; Ap 1.5-8;Lc 4,16-21)
CATTEDRALE DI S.CIRIACO
Giovedì Santo
Oggi siamo chiamati a contemplare quanto successe allora nel Cenacolo perché carissimi quanto avvenne ci interpella, fa parte del nostro essere qui oggi, soprattutto perché quanto avvenne è stato affidato a noi, come comunità di discepoli e come persone scelte da lui per la gloria.
Riascoltiamo le parole piene di soavità e di dolore con le quali Gesù lasciò quella sera ai suoi discepoli il testamento, lasciò se stesso come presenza viva e come nutrimento di vita ricordiamo quelle parole: “Questo è il mio corpo, prendete e mangiate; questo è il mio calice è il calice del mio sangue, prendete e bevete.”
Lasciò la ministerialità sacerdotale, dono simultaneo con l’Eucarestia.
Anche noi sacerdoti riascoltiamo quelle parole: “Fate questo in memoria di me!” lasciò il gesto della conversione e della riconoscibilità dell’essere suoi discepoli, lavò i piedi ai suoi, si fece servo. Riascoltiamo tutti le sue parole: “Vi ho dato l’esempio, vi ho dato la misura del vostro amarvi”
Carissimi, nel cenacolo tutta la Chiesa è stata posta come sacerdotale, come stirpe eletta, come segno di benedizione per l’umanità; so, cari ragazzi, che per voi questa espressione è difficile, il Vescovo ve la spiega semplicemente così: in forza del Battesimo che avete ricevuto siete dei santi, dei santificati, dovete essere seme di benedizione dove vivete.
Lì, siamo nati noi sacerdoti, abilitati, pur peccatori, ad attualizzare la presenza di Cristo Signore, come continuatori dell’alleanza di salvezza anticipata in quella cena e celebrata subito dopo, nel mistero della croce.
Lì a cena nella incomprensione dei dodici nasceva la meraviglia dell’amore evangelico, nasceva l’incardinazione della Chiesa nella storia comunità di credenti e di servi, di crocifissi e di risorti, di testimoni rivelatori e adoratori dell’amore di Dio.
Tutto questo, carissimi, noi lo proclamiamo come ‘mistero della fede’, come qualcosa che non comprendiamo pienamente, che però richiede la nostra adesione e la nostra continua conversione, perché siamo soggetti tutti, come Gesù disse ai suoi, e come Luca racconta siamo soggetti al vaglio di Satana, contro il quale vale solo la preghiera di Cristo Signore.
Infatti se avessimo tutti il coraggio meditativo di quanto avvenne dentro le mura del cenacolo, potremmo con facilità, riconoscere il divario, la distanza spirituale tra quanto Gesù fa e quanto povera fosse la comprensione dei discepoli.
Direi che c’è come un’azione contraria appunto il vaglio di chi sta per essere sconfitto dalla croce e dalla resurrezione di Gesù.
E’ strana l’espressione che nel Vangelo ritorna: “Questa è l’ora”, è l’ora di Cristo ed è l’ora di Colui che vaglia, di Satana.
Per capirci: Giuda è l’amico che esce dalla casa, per mettere atto il tradimento, lo dico a me stesso, a voi sacerdoti, a voi diaconi e a voi cari ragazzi, capiamo questa tragedia di Giuda che si ripete, Giuda esce di casa per mettere in atto il tradimento.
Pietro, colui che era stato investito, da una ‘potestà’ che era solo di Dio, Pietro non accetta di buon cuore il gesto d’amore di vedersi lavare i piedi dal Maestro, ma poi addirittura sconfessa la sua amicizia con Gesù, dice che non lo conosceva, lo dice davanti ad una serva e ad un soldato.
Gli altri discepoli, volevano avere la coscienza pulita chiedendo a Gesù di svelare il traditore, perché almeno il colpevole era uno solo; di fronte al grande desiderio di Gesù di mangiare quella cena con loro, i discepoli pensarono ad altro.
Questo pongo nella mia coscienza come meditazione per chiedermi oggi, davanti a questa nostra comunità, quanta comprensione ho io del mistero di cui sono gratificato? E se non è mai sufficientemente capito, quanto S. Paolo diceva di sé e che posso bene applicare nella mia vita, egli mi amò e diede se stesso per me.
Torno al cenacolo per trovare con voi una modalità non sentimentale, una via di comprensione nell’opera di Gesù, trovo Giovanni che, dice l’evangelista, chinandosi sul petto di Gesù gli disse: non sono mai stato avvezzo agli intimismi spirituali che pure apprezzo per chi li ha, ma trovo nel gesto di Giovanni una via, appunto la strada del cuore e mi dico: se io sono seguito da tanta inaffabilità, se sono così ben conosciuto da lui, se sono custodito da una predilezione così singolare e personale, cosa mi resta da fare per non essere una delusione per lui, se non quella di stare in un’intimità con lui.
Spesso cadiamo nella tentazione di darci una spiegazione teologica sul nostro sacerdozio, quasi che esso fosse un’elaborazione che soddisfazione al pensiero; credo che sia necessario imitare, stare, vivere dentro la misura alta di Cristo Signore.
Questo, carissimi, è per tutti: è per ogni vocazione, è per ogni ministero, è, ragazzi, per ogni età.
Purtroppo ragionano tutti su quali modelli spirituali, pastorali dobbiamo mettere in atto, per ‘riconquistare’ le persone a Cristo, siamo tutti così ingolfati.
Vorrei chiudere così questa mia riflessione: torniamo tutti al mistero della Cena, e, come ci dice S. Agostino, dilatiamo gli spazi della carità per essere riconosciuti discepoli di Cristo, per essere suoi amici, perché, se mi consentite la citazione di un cantante “il resto è noia.”
Che Dio ci aiuti e ci preservi da ogni debolezza.
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore).