2015/06/04: Nell'Eucarestia rieducarsi al patto della fedeltà, al dono di sè', al ministero pacificante della misericordia e alla solidarietà

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


GIOVEDÌ DELLA IX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
(Es 24,2-8; Sal 115; Eb 9,11-15;Mc 14, 12-16;22-26)
Chiesa del Ss. Sacramento – ANCONA
Carissimi, il mio saluto cordiale e paterno a tutti voi, ai sacerdoti, diaconi e seminaristi, a voi cari bambini che siete qui a testimonianza dell’amore verso Gesù Cristo che avete ricevuto da poco nella celebrazione che viene denominata prima Santa Comunione.
Assicuro a tutti voi che la mia intenzione di preghiera è per la diocesi, il Signore sa chi ha più bisogno, permettete tuttavia che affidi  alla misericordia di Dio qualche sacerdote malato, le persone sole, i poveri e quanti sono alla ricerca di Gesù Cristo e della fede in Lui; su ognuno di voi Dio doni la sua misericordia, doni ad ognuno di voi la sua grazia, e ci renda tutti capaci di comprendere questo santo mistero del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo.
Permettete che vi affidi questa riflessione.
L’Eucarestia, lo sappiamo, è il memoriale della Pasqua, cioè l’Eucarestia è presenza vera, reale del Corpo e del Sangue di Gesù, del suo Corpo donato e immolato, del Sangue versato come il sigillo di una alleanza di misericordia.
Questo noi celebriamo, questo la Chiesa celebra da più di duemila anni, questo noi adoriamo e questo noi crediamo anche oggi; convocati dalla fede in Gesù Cristo e dalla Chiesa e partecipi di questa mensa santa nel Signore che ci nutre per la vita eterna.
L’Eucarestia è la vita della Chiesa, senza l’Eucarestia la Chiesa non esisterebbe, ma senza la Chiesa, che è serva dell’Eucarestia, l’Eucarestia non l’avremmo.
L’Eucarestia è il testamento di amore che Gesù ci ha affidato dicendo, allora agli apostoli e oggi a noi, “Fate questo in memoria di me!”
Davanti a questo mistero siamo chiamati, ciascuno per la propria capacità, a comprendere e ad amare, siamo chiamati ad assumere atteggiamenti spirituali e di vita che mi permetto di sintetizzare così: contemplare adorando, credere vivendo.
La contemplazione.
La contemplazione porta a stabilire uno sguardo di gratitudine, di rendimento di grazia, di misericordia e di vita, perché quel sangue versato e quel pane donato sono per noi, per l’umanità.
Il mistero pasquale di Cristo crocifisso e risorto, per amore ed ubbidienza al Padre, è la sorgente feconda e benefica che da speranza, offre perdono, costruisce una profonda comunione, stabilisce un’alleanza e un patto di salvezza.
Questo ognuno, secondo la propria capacità e la propria fede, è lo sguardo che deve vivere e che descrivo così: uno sguardo adorante (perché siamo davanti a Dio), penitente (perché abbiamo anche noi il cuore duro come gli apostoli), fruttuoso (perché l’ Eucarestia ci dà vita), salvifico ( perché è lì è la nostra salvezza).
A questo riguardo, lo dico soprattutto ai sacerdoti e a me stesso, è la parola di S. Agostino: “”L’unico Figlio di Dio morendo generò molti figli di Dio, si acquistò molti fratelli con il suo sangue, rese giusti i reprobi, donandosi ci ha redenti, disonorato ci onorò, ucciso ci procurò la vita.”
Il sangue e l’acqua, sgorgati dal crocifisso, sono la grande misericordia perenne di seminagione della nuova umanità.
Tutto questo è nella Eucarestia nella quale è vivo e reale il segno, che se lo vogliamo, siamo tutti riconciliati, santificati, rappacificati con Dio e con i fratelli.
Non dobbiamo mai dimenticare che l’Eucarestia rende presente la Pasqua, allora lo dico con grande confessione davanti a tutti voi, quale adorazione e quale fede devono assistere il celebrare dei sacerdoti e assistere il partecipare del popolo.
A questo riguardo vale la pena ricordare un passaggio della preghiera di S. Ignazio di Loyola: “Corpo di Cristo salvami, Sangue di Cristo inebriami”, il corpo dato è nutrimento, il sangue versato è patto di misericordia, e qui carissimi tutti, se credessimo veramente e se anche per noi il discorso di Gesù non risultasse duro tanto da andarcene come fu per gli apostoli, qui troveremmo il culmine della comprensione e della comunione con l’amore di Dio, qui troveremmo la vera misura della ricezione del mistero di Cristo nella storia e nella vita.
Ripasso con voi, abbiate la bontà di accogliere tutto questo, qualche significato del mistero pasquale che l’Eucarestia attualizza, rende contemporaneo ad ogni persona.
La Pasqua è patto di fedeltà di Cristo al Padre e all’umanità alla quale Egli è venuto a portare la vita.
Questo patto Gesù lo compie con il suo sangue versato che in Gesù altro non è che la certificazione della offerta di se stesso, lì sulla croce, nel mistero pasquale Lui ha dato tutto.
Nella croce Egli è misericordia (imparatela a dirla e soprattutto a farla), il Giusto si fa perdono per gli ingiusti e muore; sulla mensa della santa cena Egli spezza il pane, che è il suo cibo spirituale che offre ai discepoli, a noi.
Ricordatevi questi significati: il patto di fedeltà, la certificazione dell’offerta, la misericordia, il pane come cibo spirituale offerto da Gesù.
La siccità spirituale del nostro tempo, o se si vuole l’anoressia dello Spirito che c’è in giro,  tutto questo deriva dalla non ricezione di quanto l’Eucarestia è.
L’ Eucarestia non è solo per i credenti, ma per tutti e coloro che ci credono devono viverla di più.
Provo ora a dispiegare il mistero pasquale nel tempo che viviamo.
Patto di fedeltà al Padre e all’umanità, io mi domando: ma in giro oggi il patto di fedeltà all’amore c’è o non c’è?
Il grande dolore del Papa è proprio questa dissoluzione (quasi liquefazione) del patto d’amore del matrimonio; dov’è?
Se quegli sposi invece di andare alla ricerca di tante psicologie che turbano il cuore più che sanarlo, si recassero davanti alla croce di Cristo e imparassero che nella croce c’è il dono di sé, non sarebbe forse più facile?
Non sarebbe più facile per me prete che posso sentire la stanchezza, come uomo, di una fedeltà al mistero di Dio, ma non posso trovare la forza nel limitare la fedeltà dal patto d’amore di Cristo?
Oggi in giro c’è una stanchezza ed una incapacità al dono “per sempre”.
Io ricordo i miei genitori, ieri si diceva “ti amo per sempre”, oggi si dice “ti amo oggi”…e domani? La società è entrata nel tunnel nebbioso e gaudente della emozione.
L’emozione carissimi non è amore, dobbiamo recuperare il senso del dono di sé.
Sulla croce c’era la Misericordia, oggi c’è in giro una rabbiosa ricerca della giustizia umana che non dà cittadinanza alla misericordia come medicina della vita.
Tutti alzano i vessilli con la scritta “voglio giustizia”, ma i cristiani dove sono?
C’è in giro un reticolo sociale e anche una propaganda di soggettivismi esasperati, che recide ogni bellezza di fraternità ed introduce in un gustoso ma insipiente egoismo.
Nessuno di noi sta nel mondo da solo, noi siamo tutti una compagnia e nessuno di noi ha messo al mondo quel piccolo pezzo di terra dove il suo corpo poggia.
E’ come se si fosse allontanato da noi quel “fate questo in memoria di me”, fate dell’Eucarestia il programma della vostra vita.
Nella cultura del nostro tempo e spesso nella prassi liturgica, l’Eucarestia che è segno, memoria del Corpo dato e del sangue versato, sembra ridursi ad un ritualismo di precetto dove manca il senso pasquale della fede e della vita.
Bisogna, cari sacerdoti, educare le persone a non andare a Messa per precetto, l’amore non è un precetto da fare per comandamento, o lo si vive o non lo si vive.
Occorre rieducarsi al patto della fedeltà, al dono di sé, al ministero pacificante della misericordia e alla solidarietà.
Desidero infine affidarvi un altro aspetto del mistero pasquale: il duello che da allora ad oggi contrappone morte e vita, violenza e amore.
Quanto martirio è inferto ai deboli, ai poveri, agli ultimi, ai cristiani oggi?
Siamo chiamati, celebrando l’Eucarestia, a mescolare il sangue della croce con il sangue di tutti i trafitti del mondo e a trovare nella croce il seme della speranza.
Quante volte ne parla Papa Francesco!
In qualche modo nell’Eucarestia dobbiamo imitare Maria che al Calvario si fa socia del martirio di Cristo per la salvezza del mondo, ma dobbiamo imitarla anche perché lei non va al sepolcro e non ci va perché è certa che il suo Figlio è vivo per la vittoria e la vita di tutti!
Allora dobbiamo celebrare l’Eucarestia in questa modalità mariana, l’Eucarestia ci rende associati alla sofferenza dei fratelli, ma ci rende gioiosi perché dall’Eucarestia c’è la vita.
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore )