2016/06/26: Ogni epoca dell’umanità ha le sue notti e le notti del nostro tempo non sono poche!

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
Domenica della XIII Settimana del Tempo Ordinario
Festa di Maria – Regina di tutti i Santi 
(Sir. 24,23-31; Gdt 13,18-19; At 1,12-14;2,1-4; Gv.2,1-11)
CATTEDRALE DI SAN CIRIACO – Ancona
Carissimi, siamo qui oggi convocati da Maria che noi invochiamo come Regina di tutti i Santi; é una tradizione ben fondata che porta tante persone qui nella Cattedrale per affidare la propria vita a Maria.
Farò una riflessione pensando soprattutto di essere insieme dentro una storia comune; facendola voglio prima di tutto parlare verso me stesso, ad ognuno di voi, perché facciamo parte tutti di questa grande famiglia umana che Dio convoca per essere una vera famiglia, chiamata a celebrare la vita come un banchetto nella gioia comune che spesso si trova ad essere inquieta.
Maria é la donna veramente credente
Voglio partire da un punto che vale per tutti noi:
Chi è per noi Maria? Maria chi è nella storia della salvezza?
Maria è la donna indispensabile, senza di lei il Figlio di Dio non avrebbe potuto prendere l’orientamento sacerdotale, non sarebbe diventato uomo.
Lei è persona centrale nella storia della salvezza, perché ci ha dato l’umanità di Gesù.
Maria è anche punto centrale della nostra vita di fede, punto centrale di ogni discepolo di Gesù; è come dire che se io debbo guardare la mia fede e verificare se è vera, la debbo specchiare nella fede di Maria, se voglio verificare se la mia vita è ricca della fede in Cristo, la devo specchiare nella vita di Maria.
Noi diciamo che Maria è la donna veramente credente, è la vera discepola di Gesù; questo è il punto dal quale dobbiamo partire.
Maria, oltre che essere questo, rappresenta anche la Madre e voi donne comprendete bene che cosa voglio dire; voi donne madri avete un sesto senso, siete capaci di cogliere le sventure, i problemi del figlio, Maria in questo ci dà l’esempio, lo abbiamo letto poco fa nel brano del Vangelo che si vive a Cana di Galilea.
Maria si accorge di qualcosa che non va; non é colei che si mette a fare qualcosa, perché l’esempio di Cana è una sorta di icona per tutta la vita, là dove nella vita dell’umanità ci sono dei problemi sappiamo che c’è una madre che guarda, che si accorge e poi dice: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5).
Maria è una madre che sa il problema e che sa anche la medicina.
La medicina per affrontare i problemi che affliggono la nostra umanità e’ Cristo, per questo Maria dice di fare ciò che dice il Figlio.
Entrare nello spirito di Cana
Entriamo in Cana di Galilea e facciamo in modo che diventi esempio della nostra storia, esempio per il nostro banchetto di vita; tutta l’umanità è convocata da Dio Padre a questo convitto di fraternità.
A Cana una festa di matrimonio sta per essere rovinata dalla mancanza del vino, Maria si accorge di questo.
Passiamo dall’immagine di Cana di Galilea al nostro banchetto di umanità, per vedere se anche nel nostro banchetto di umanità manca qualcosa.
Vorrei allora che ascoltassimo Maria che ci guarda e ci parla; anche per noi oggi Maria ci aprirebbe gli occhi, come la tradizione ci dice, anche lei per noi può piangere, la domanda è: ma perché fa questo? Se ci guarda, cosa vede che manca alla nostra vita?
Ogni tempo ha le sue notti
Prima di illustrare qualche possibile carenza nella nostra vita di uomini e donne, non dico di cristiani, vorrei dirvi una frase di S. Bernardo da Chiaravalle che dice: “Ogni epoca dell’umanità ha le sue notti e le notti del nostro tempo non sono poche!”
Parole valide per quel tempo e ancora valide per il nostro.
Cosa manca alla nostra storia?
Noi carissimi ci siamo ingolfati, infatti l’umanità sta sempre a rimarcare che manca qualcosa per la vita: manca il lavoro, manca uno stipendio dignitoso, manca l’amicizia, tante altre cose …io voglio sottolinearvene alcune che mi sembrano più evidenti e che io stesso sento di portarle dentro di me.
La festività
La prima anfora il cui contenuto si è come seccato è in questo tempo la festività; la tristezza è diventata la malattia mortale di questi nostri giorni, in ogni angolo c’è una bottega della tristezza e in giro si vede che c’è un’esperienza continua del disamore e della disarmonia; fate esperienza anche voi di questo?
Quando vi guardate allo specchio vi dite mai: “Io sono una meraviglia!” oppure dite: “Mi è venuta una ruga, come farò adesso …”?
Maria ci dice che la festività non la si può trovare nella baldoria del mondo, quando ci hanno fatto studiare il “Sabato del villaggio” ci hanno detto che questa poesia, era una poesia piena di tristezza, perché? Perché si diceva che era più festoso il Sabato che il giorno dopo?
Perché noi siamo abituati a fare festa attorno alle cose sapendo che le cose svaniscono!
Maria ci dice che la festività occorre chiederla al Figlio che ci inviterà a dire di fare festa perché viviamo: fai festa perché hai dove posare il capo; fai festa perché hai un amore; fai festa, accontentati di quello che hai e sei; fai festa dando di più di qualcosa di te, che cercando sempre e solo qualcosa per te.
Siamo invece diventati come dei bambini capricciosi, abbiamo una cosa e subito dopo ne cerchiamo un’altra, senza mai godere di quello che si ha, senza mai accontentarsi.
La festività, carissimi, la possiamo trovare solo dentro di noi, nella consapevolezza di aver fatto bene e santamente tutto quello che è sotto il giudizio e l’amore di Dio.
Chiediamo allora questo primo dono della festività.
Il dono
C’è un’altra anfora che occorre riempire ed è la capacità del donare.
Siamo in una storia nella quale c’è la paura che ci manchi qualcosa, una paura che ci fa diventare egoisti e chiusi.
Discutendo con le suore che vivono con me ho coniugato assieme a loro questa frase che vi propongo: ieri rispondevamo a chi ci chiedeva “come andrà domani?” rispondevamo “come Dio vuole!”; oggi possiamo dire come va domani “ fammi guardare cos’ho in frigorifero!”
Crediamo più alla previdenza che alla Provvidenza e stiamo educando le nuove generazioni poco a dare e molto a ricevere. Quando parlo ai ragazzi della Cresima, prima di donare questo sacramento a nome di Dio e della Chiesa, ricordo loro di donare qualcosa ai poveri, un ragazzo mi ha risposto: “Che cosa c’entro con i poveri, mica sono miei!”, questo ragazzo sarà destinato ad una tristezza profonda, vivrà nella consolazione delle sue cose e quando non le avrà più, sarà la persona più triste di questo mondo.
Dobbiamo chiedere a Maria “che ci dice tuo Figlio?”
Ricordate il Vangelo: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà.” (Mc 8,35)
Non pensiamo a come sarà il nostro domani, pensiamo al nostro presente e a quello dei nostri fratelli vicini che hanno bisogno di noi, abbiate più gioia nel dare che nel ricevere! Abbiate la gioia di dare!
La speranza
Un’anfora ancora vuota è quella della speranza, viviamo in un tempo che sembra abbia la difficoltà di dire la parola domani, siamo diventati solo operatori del presente, ci siamo dimenticati da dove veniamo, e non pensiamo al futuro.
Lorenzo dè Medici, nella Canzona di Bacco, scriveva : “Chi vuol essere lieto sia, di doman non c’è certezza” invitando a godere perché il futuro non lo conosceva nessuno … sono certo che è proprio tutto il contrario.
Il tempo che abbiamo non è un tempo solo per noi, è un tempo per la storia degli uomini e allora dobbiamo essere operatori di una speranza per tutti.
L’Europa è sempre vissuta guardando avanti, stiamo invece tutti guardando indietro e Papa Francesco ci ha detto e ci ripete di non alzare muri, ma costruire ponti.
Una frase che comincia a dare fastidio, ma è l’unica via da percorrere.
Non date retta a coloro che vi vogliono mettere in un recinto egoistico, vi prego!
Ciò non vuol dire che non potete pensarla diversamente, ma non potete pensare, se siete cristiani, diversamente dal Vangelo: siamo tutti nelle mani di Dio.
Nel Vangelo Gesù ci dice di guardare gli uccelli dell’aria, i gigli dei campi, hanno seminato? Sono andati dall’estetista? Eppure non c’è più niente di bello di un fiore, di un uccello e allora perché siete tristi? Tutti i capelli del vostro capo sono numerati da Dio!
Questa è la speranza!
La bellezza
Ancora un’altra anfora vuota, ci sono anfore vuote della bellezza, la bellezza sembra non esserci più, noi siamo incantati dal nulla, affascinati dalle cose che passano.
Noi siamo affascinati dall’estetica e dall’apparire; è inutile puntellarsi, dopo poco tempo i puntelli non reggono più!
Nella clinica dove andavo a visitare gli ammalati c’erano due chirurghi estetici, uno dei quali era attrezzato per rifare i nasi, in quella clinica ho incontrato e confessato Mia Martini anche lei si era sottoposta a questo tipo di intervento.
C’era la necessità di farsi guardabili, il problema è invece un altro occorre essere belli, perché la bellezza non è ciò che fa piacere agli occhi, la bellezza è ogni persona che è bella, è la contemplazione della persona che è bella.
Non c’è una persona brutta, c’è una persona esteticamente meno gradevole, ditelo ai vostri nipoti: sei più bello tu oppure un portatore di handicap, ogni persona ha la sua bellezza.
La bellezza è l’identità di ognuno di noi, e il nostro essere uomini, donne, giovani e meno giovani, bambini anziani, sei tu!
Veramente tutti noi da domani, come siamo messi male appena alzati, forse con gli occhi un po’ gonfi, davanti allo specchio diciamoci: “Io sono una bellezza!”, “Io sono una meraviglia!”, perché sono io!
Noi non possiamo lasciarci condizionare dall’estetica, la società di oggi da questo punto di vista è tutto un inganno.
La bellezza sei tu! Non spendiamo soldi per l’estetica, spendiamoli per la bellezza del cuore!
Il silenzio
Un’ ultima anfora vuota è quella del silenzio e in questa mancanza, vi confesso, ci sono pienamente.
Abbiamo le anfore vuote di silenzio, che oggi manca.
Stiamo mai in silenzio nella vostra vita? Viviamo dentro un chiasso continuo, è peccaminoso? No!
Ma se tu stai sempre nel chiasso, significa che parla qualcuno e quando parla qualcuno tu sei solo sottomesso,il silenzio invece ti aiuta ad ascoltare te stesso e ad ascoltare Dio.
Si dice che Dio parli nel silenzio, questa è la grande ascesi del monachesimo, che non era un isolarsi dalla vita per non fare niente, tutto il contrario, era un isolarsi dalla vita per entrare in contemplazione con l’Assoluto.
Noi tutti siamo dentro una nevrosi del fare, siamo dentro l’evasione della contemplazione e siamo dentro la pena del cuore ed è per questo che siamo tutti un poco più soli.
Ricordate quello che Gesù disse ai suoi discepoli: – Riposatevi un po’venite in disparte, in silenzio, andiamo a rigenerarci. Questa società contemporanea non fa più nemmeno dormire il silenzio del creato, le nostre città sono talmente illuminate che il creato non dorme più; noi non abbiamo bisogno della notte, abbiamo bisogno del silenzio per rigenerarci.
Se andrete in vacanza trovate lo spazio per parlarvi, per parlare alla propria coscienza e per parlarvi fra innamorati.
Avete uno sposo parlate, allontanate i figli, parlate voi, avete una sposa raccontatevi, avete un amico parlatevi, questo è il silenzio che fruttifica, è il silenzio della comunicazione.
Il Vescovo quest’oggi ha fatto una predica strana, però alcune di queste anfore vuote ce l’abbiamo davvero!
Ci manca la festa, il dono, la speranza, la bellezza o il silenzio? Forse ci manca tutto, andiamo a scuola da Maria!
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)