Torniamo a nutrirci di … PACE E BENE

Il fatto è che siamo in guerra. Ci sono luoghi in cui si combatte con le armi “conflitti fra stati sovrani o coalizioni per interessi ideologici o economici” e c’è una guerra che si combatte corpo a corpo senza armi, ma con una cattiveria che invade e pervade l’intero genere umano.
Poi c’è il terrorismo che consiste “in atti violenti per creare terrore e con questo destabilizzare e cambiare l’ordinamento politico “. L’ultimo atto è stato quello di Dacca in Bangladesh, da parte di un non ben definito gruppo terroristico, ma possiamo ricordare quelli provocati dall’ISIS come quelli di Parigi, del Kenya, in Tunisia, in Turchia, in Egitto, in Libano.
Se il terrorismo è difficile da combattere perché i facinorosi arrivano sino a farsi esplodere per raggiungere l’obiettivo non meno facile è combattere quella guerra di cui dicevamo, poco sopra, fatta con cattiveria individuo contro individuo: il marito ammazza la moglie, il compagno ammazza la compagna, il fidanzato ammazza la fidanzata, in quello sciagurato fenomeno che giornalisticamente definiamo “femminicidio”.  Sono persone che si scelgono perché storditi “dal colpo di fulmine”, nessuno li costringe a stare insieme.
Ci sono aggressioni tra persone che vivono nella stessa famiglia o nello stesso condominio, senza una apparente giustificazione. Ci sono aggressioni verbali violente con parapiglia, anche nel nostro Parlamento, tra componenti di movimenti e partiti di opposta tendenza ….. (cioè togliti tu che ci voglio venire io: questa è l’opposta tendenza, a differenza di un tempo quando c’era una sinistra, un centro ed una destra con persone educate che dibattevano le vaste problematiche con linguaggio opportuno e proponendo soluzioni adeguate).
Ogni argomento ci divide e fa scattare la guerra, la guerriglia e ii terrorismo.
Un’occasione ci è stata offerta dal noto fatto di Fermo dove un italiano ha apostrofato con parole offensive la sposa di un ragazzo di colore ospite della comunità fermana provocando una reazione a cui è seguita una colluttazione nella quale il ragazzo di colore, cadendo a terra ha battuto violentemente la testa che ne ha provocato la morte. Il fatto è troppo noto per essere di nuovo trattato. Il nostro Arcivescovo che era in Terra Santa con il Pellegrinaggio Diocesano ha pregato con tutti i 50 pellegrini ed ha definito il fatto “un atto contro il genere umano”.
Siamo tutti in guerra contro lo straniero che potrebbe essere detto anche l’estraneo cioè il dirimpettaio o quello della casa accanto. Siamo in guerra noi giornalisti che spesso per soddisfare i pruriti dei lettori esacerbiamo gli animi, imboccando spesso, come a Fermo, strade opposte ed in salita forti delle nostre personali convinzioni eludendo un confronto con chi vive nella realtà delle vaste problematiche che l’integrazione comporta. C’è chi per obbedienza o convinzione è per le porte aperte, chi di contro è per i muri, non considerando l’opportunità di porte dotate di campanelli. Perché è facile dire accogliamo tutti senza analizzare la disponibilità di spazio reale per una accoglienza dignitosa, come è facile dire di farli restare tutti a casa propria senza aver visto la desolazione, ad esempio di tanta parte del territorio siriano bombardato e senza alcuna forma di vita: animale e vegetale. O altri Paesi più o meno grandi del continente africano da tempo in lotta fratricida.
Firmiamo l’armistizio, senza resa per nessuno, riprendiamo le parole dell’indimenticabile padre Mariano e torniamo a nutrirci di “pace e bene”.
Riparametriamo i nostri bisogni sulla sobrietà, che non significa sofferenza, ma moderazione, misura nell’assecondare i propri istinti naturali. L’esasperazione del profitto, porta a quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”, dove sono pochi coloro che vivono bene, mentre sono molti quelli che vivono male e quando si vive male, anche una parola fuori luogo può provocare la morte.