Biotestamento e ingegneria genetica

Il nostro Arcivescovo è intervenuto martedì 16 gennaio u.s. all’incontro pubblico al Lazzaretto di Ancona su “Biotestamento e ingegneria genetica”, organizzato dall’associazione degli avvocati “Fatto&Diritto”. Sono intervenuti, oltre a mons. Spina, il professor Stefano Canestrari, docente di Diritto penale di Bologna, e il prof. Massimiliano Marinelli, medico e bioeticista ad Ancona.
Il prof. Canestrari – che ha contribuito in sede parlamentare all’estensione del recente testo di legge sul Biotestamento e le Disposizioni anticipate di trattamento – ha affermato secondo le nuove norme il ruolo comunque di sostegno del medico, anche in caso di rinuncia alla terapia da parte del paziente: ora il medico non “si astiene, ma si attiene” al diritto del paziente di rinuncia alla cura, come p. es. nel caso di una chemioterapia. Per contro, è nella facoltà del medico (ma non della struttura sanitaria) di non applicare le disposizioni del paziente, per cui sarebbe improprio in questo caso evocare l’obiezione di coscienza. Ha inoltre sostenuto che “alimentazione e idratazione artificiali sono qui intesi come interventi terapeutici”.
L’Arcivescovo, a partire dal valore di ogni persona che non è semplicemente un corpo ma un soggetto unico e irripetibile, ha affermato leciti gli interventi in favore della persona, ma non quelli per l’interruzione della vita. Si è poi focalizzato sulla condizione della persona malata: la più grande disgrazia del nostro tempo non è la solitudine, ma l’essere lasciati soli; l’imperativo categorico è allora non abbandonare mai nessuno, ciascuno di noi secondo le proprie capacità e competenze, in ambito medico, amicale o parentale: la differenza è costituita da un dolore condiviso, piuttosto che vissuto in solitudine.
Il prof. Marinelli si è incentrato sullo sviluppo della ingegneria genetica dal 1965 ad oggi. Le biotecnologie hanno valore ambivalente: immediatamente creano euforia, ma poi destabilizzano e producono incertezza del futuro e solitudine, curano e insieme possono creare aberrazioni, mettendo in discussione un ordine naturale finora ritenuto immutabile (uomo/donna, stagioni, ibridazioni). In tal modo viene a smarrirsi la vera identità umana: la scienza nega la fragilità come una condizione insita nell’uomo e la riduce a patologia correggibile; dell’uomo non si dice più “chi è?” ma solamente “cos’è?”.
Il dibattito che è seguito è stato sentito e pacato, benché originato a partire da concezioni anche molto differenti dell’esistenza, che ha visto tra l’altro gli interventi di diversi medici, coinvolti in prima persona nelle tematiche dell’accompagnamento e del fine vita.
Allegati:
Relazione Mons.Spina – Mole Vanvitelliana 16 gennaio 2017