La fatica della Comunità senza la Messa

Ascoltando diversi sacerdoti e fedeli ho potuto constatare come è stata una pena celebrare la S. Messa dal 25 al 29 febbraio 2020 senza la partecipazione dei fedeli. E’ stato fatto con il desiderio di non contribuire alla diffusione del coronavirus. Noi non avremmo voluto questo, abbiamo solo accolto l’appello delle autorità preposte e seguito le indicazioni. E’ stato un momento particolare che ci ha fatto crescere nel desiderio di vivere la vita della comunità: andare in chiesa, a Messa, condividere i gesti di carità cristiana, ascoltare insieme la Parola di Dio. In questi giorni come Chiesa abbiamo espresso la vicinanza a tutti perché il Vangelo ci dice che, anche in momenti come questo, definito momento di emergenza, continua ad essere sempre valido il comandamento di amare glia altri come se stessi e fidarsi della misericordia di Dio che permette di attraversare la storia.   Quando si ascolta la Parola di Dio e la si vive nella situazione esistenziale tutto acquista nuova luce e fiducia. Il Vangelo ci ricorda che Gesù rifiuta la concezione di un Dio che punisce le colpe attraverso i mali e le tragedie che accadono nel mondo. Gesù è venuto per salvare e non per condannare. Ma le vicende negative devono sempre richiamarci all’urgenza della conversione. Di fronte alle vicende drammatiche, il credente non perde di vista la Buona Notizia della morte e resurrezione di Gesù per la nostra salvezza. La fede ci dà tutta un’altra prospettiva, perché ci fa vedere le cose della terra con gli occhi del cielo. Dio è sempre vicino dove c’è un figlio che soffre, una famiglia nella trepidazione, a chi ha il cuore spezzato. Noi crediamo che Dio è alleato del bene e amante della vita. E’ proprio sul grande valore della vita che in questi giorni veniamo chiamati a riflettere, di quanto è preziosa e per questo va custodita e curata. Più che diffondere un allarme, è necessario diffondere la buona notizia e riscoprire il buon vicinato.

+ Mons. Angelo Spina
Arcivescovo di Ancona Osimo