Presentato il libro “Le sacre pietre di Loreto” di Alessio Santinelli

Il giovane archeologo Alessio Santinelli, insegnante di religione cattolica dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, ha compiuto un viaggio alla scoperta della Santa Casa di Loreto. Dopo un lungo studio storico-archeologico ha pubblicato il libro “Le sacre pietre di Loreto. Quando la tradizione incontra l’archeologia” (Edizioni Santa Casa), presentato domenica 21 gennaio presso il Museo Pontificio della Santa Casa di Loreto. L’autore si è messo sulle tracce della verità storica del sacello lauretano e, servendosi delle considerazioni architettoniche, dei risultati degli scavi archeologici e delle analisi scientifiche, ha intrapreso un cammino a ritroso nella storia fino a comprendere che la tradizione ha la sua parte di verità. Nei graffiti incisi ha individuato la chiave di volta per risolvere il mistero sula datazione, la provenienza e il trasporto delle sacre pietre lauretane.

«In questo libro la scienza si occupa di ciò che riguarda la fede – ha sottolineato Mons. Fabio Dal Cin, Arcivescovo Delegato Pontificio di Loreto – il prof. Santinelli attraverso lo studio dei graffiti ha riscontrato connessioni tra il sito lauretano e Nazareth. Letti con attenzione i risultati delle ricerche storico-archeologiche compiute dall’autore ho deciso che questo libro entrasse a far parte della collana di studi scientifici pubblicati dalla Delegazione Pontificia di Loreto con il marchio editoriale “Edizioni Santa Casa”. Mi piace molto la copertina perché il soggetto principale sono le pareti della Santa Casa, quelle pietre che parlano al cuore del credente e alla ragione dello studioso. Fede e ragione possono camminare insieme perché entrambe desiderano trovare un fondamento certo di ciò che noi riteniamo importante per la nostra vita».

Mons. Angelo Spina, Arcivescovo Metropolita di Ancona-Osimo, ha ringraziato l’autore per «questo studio scientifico in cui fede e ragione si incontrano. San Giovanni Paolo II disse che sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità». Mons. Angelo Spina ha poi sottolineato che «Loreto è cara a ciascuno di noi. Prima di fare il mio ingresso come vescovo ad Ancona, sono entrato in Santa Casa, mi sono inginocchiato e ho sperimentato una presenza, perché la Santa Casa è un luogo teologico dove è avvenuta l’incarnazione di Gesù, non è un luogo devozionale. È un luogo di profonda fede perché quelle pietre hanno ascoltato due voci: una voce venuta dall’alto, quella dell’Arcangelo Gabriele, messaggero di Dio, e la voce di un cuore giovanissimo di una ragazza di Nazareth in un borgo sconosciuto della Palestina di quel tempo. L’angelo le disse: “Rallegrati Maria, piena di grazia” e lei rispose: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Vicino alle pietre c’è scritto: “Hic Verbum caro factum est”, che significa “Qui il Verbo si è fatto carne”. Allora quando entriamo nella Santa Casa ringraziamo Gesù perché ci ama, si è fatto uomo ed è vicino a ognuno di noi, e diciamo grazie a Maria perché il suo “sì” ha cambiato la storia dell’umanità».

È poi intervenuto padre Giuseppe Santarelli, direttore emerito della Congregazione Universale della Santa Casa, che ha dedicato tutta la sua vita a studiare il sacello lauretano. Parlando dei graffiti presenti sulle pietre che, come diceva il cardinale Palazzini, sono il marchio di origine delle sante pietre della Santa Casa di Loreto, ha sottolineato che «il libro del prof. Santinelli porta a compimento gli studi sui graffiti fin qui condotti. I primi assaggi sui segni incisi sulle pietre risalgono al 1965 quando Nereo Alfieri, uno dei più grandi archeologi d’Italia, sottopose alcuni graffiti all’attenzione di padre Bellarmino Bagatti e di padre Emmanuele Testa, due grandi studiosi di Nazareth, senza precisare però la loro provenienza lauretana per non condizionarne il giudizio. Questi due studiosi risposero che si trattava di graffiti di origine giudeo-cristiana, facendo intendere che erano simili a quelli rinvenuti in Palestina. In seguito anche io ho intrapreso uno studio sistematico dei graffiti, pubblicandone i risultati. Le somiglianze tra i segni lauretani e quelli di Terra Santa, compreso il santuario di Nazareth, appaiono evidenti. Il libro del prof. Santinelli, con cui ho avuto tanti incontri e confronti proficui, è un approfondimento delle indagini fin qui condotte. L’autore ha ripreso l’argomento precisando e chiarendo tanti aspetti che erano sfuggiti ai precedenti studiosi, compreso il sottoscritto».

L’autore ha poi spiegato come è nato il libro e gli aspetti trattati. «Il libro nasce da una provocazione del professor Romano Penna, – ha detto Santinelli – ai tempi degli studi presso l’Università degli studi Carlo Bo di Urbino. Stavo completando il Biennio di Alta Specializzazione in Scienze Religiose e stavo chiedendo ad alcuni professori che tipo di tesi di laurea potevo affrontare con le mie competenze. Provenivo da un percorso archeologico con tesi di laurea sull’iconografia e le religioni antiche e il professor Penna mi suggerì di approfondire temi di archeologia cristiana, visti i miei studi pregressi». L’autore ha infatti conseguito la laurea triennale in Archeologia presso l’Università degli studi di Padova nel 2007, la laurea magistrale in Ricerca Storica e Risorse della Memoria presso l’Università degli studi di Macerata nel 2012 e il diploma di Alta Specializzazione in Scienze Religiose presso l’Università degli studi di Urbino Carlo Bo nel 2018.

«Una sera – ha raccontato – mi sono chiesto cosa ci fosse di così importante vicino casa mia, Ancona, che avesse sia una valenza teologica che archeologica. Mi venne subito in mente il sacello laureato e indicai al prof. Penna la possibilità di affrontare questo studio. Lui entusiasta mi accompagnò in tutto il percorso, con le parole: “Scavi Santinelli, scavi!”. Questo libro pertanto è lo sviluppo della mia tesi di laurea che, nel tempo, è stata aggiornata e approfondita sotto tanti aspetti». Proiettando alcune immagini, l’autore ha poi mostrato le connessioni tra il sacello lauretano e Nazareth, tutti gli elementi esaminati che dimostrano che realmente quella di Loreto è la Casa dove si compì il mistero dell’incarnazione di Gesù.

«Molti ancora la considerano una semplice chiesetta di campagna fatta di mattoni raccolti sul colle e messi in opera, – ha detto Santinelli – ma così assolutamente non è. Ci sono validi elementi che collegano la Santa Casa di Loreto a Nazareth. Innanzitutto l’apparato architettonico che la accosta a una casa, piuttosto che a una chiesa. La recente scoperta di un tetto piano leggermente inclinato, dettato dalla posizione della testa tagliata dei travetti della copertura originaria, è molto indicativa. Come il compianto architetto Nanni Monelli soleva dire “la Santa Casa è un coacervo di irrazionalità edilizie” e queste possono leggersi benissimo nella conformazione delle pareti. La grande caoticità dell’apparecchio murario in cui pietre e mattoni risultano mescolati, invece che sistemati in modo omogeneo per file parallele alternate come invece avviene per le coeve chiesette rurali medievali, è altrettanto significativa, come lo è d’altronde lo spessore di 1 metro delle pareti.

I segni a spina di pesce impressi sulle pietre trovano preciso riscontro con i segni nabatei della Palestina, ma il vero “marchio di origine” delle pietre lauretane, per dirla con il cardinale Palazzini, sono i graffiti. Labili, a volte quasi impercettibili a motivo della consunzione dei materiali da secoli di tocchi dei fedeli, sono simboli con una precisa valenza cristologica che trovano confronto solo con i segni dei cosiddetti giudeo-cristiani della Terra Santa. Inoltre bisogna annoverare la straordinaria cura conservativa del sacello lauretano sul colle, allora chiamato Monte Prodo, fin dal suo arrivo nel 1296, impensabile per una chiesetta di campagna». Infine l’autore ha ricordato la tradizione e la devozione popolare, con «ben sette secoli di pellegrinaggi, miracoli e conversioni che lì si sono verificati. Basti pensare agli illustri personaggi dell’arte e della scienza che hanno visitato la Santa Casa, come Galileo e Cartesio, e i circa 200 santi e beati come San Francesco Saverio che ha diffuso il culto della Vergine Lauretana in Oriente nel ‘500, San Giovanni Bosco, Santa Teresa di Lisieux, la serva di Dio Chiara Lubich e il Beato Carlo Acutis». Durante la presentazione del libro, l’autore ha anche annunciato che presto pubblicherà un romanzo storico sul trasporto della Santa Casa di Loreto.

Fotogallery